Giulia Cecchettin, indagine chiusa. Papà Gino: «Niente mi darà indietro mia figlia»

L'uomo ha detto di voler stare distante dal processo e di non avere intenzione di infierire sulla famiglia Turetta

Giovedì 16 Maggio 2024 di Tiziano Graziottin
Gino e Giulia Cecchettin

VENEZIA - «Indipendentemente dall'evolversi e dall'esito del processo, nulla potrà riportarmi indietro Giulia». Gino Cecchettin, nel giorno in cui altri nei suoi panni non farebbero mistero della soddisfazione per uno sviluppo giudiziario che rappresenta una mazzata alla posizione dell'assassino della figlia, mantiene il profilo tenuto in questi mesi: un padre che punta a onorare la memoria di Giulia con parole e iniziative per abbattere le mura del castello dentro il quale si genera e prospera la violenza di genere. A ottobre costituirà la Fondazione per sensibilizzare ed educare i giovani, soprattutto nelle scuole, a una vera cultura del rispetto dell'altro; questa è l'unica prospettiva che gli sta a cuore. Soprattutto, nessuna volontà di infierire sulla famiglia di Turetta, della quale ha sempre mostrato di comprendere la disperazione: «Penso spesso a loro - ha detto recentemente - alla tragedia di un figlio assassino che devono vivere e vivranno ogni giorno»

Gino Cecchettin: «Voglio stare distante dal processo»

Quelle di Gino Cecchettin sono parole inequivocabili sul suo stato d'animo. «Per tutto quello che riguarda il processo a Filippo (raramente ha fatto il nome dell'assassino della figlia, già questo gli costa sicuramente fatica, ndr), posso solo dire che mi affido pienamente alla magistratura e agli avvocati che seguono il caso, entrambi godono della mia massima stima e fiducia. Sono fermamente convinto che il procedimento non mi arrecherà preoccupazioni, e desidero mantenermi il più possibile distante da esso. Ciò non significa evidentemente che non m'interessa la parte giudiziaria, ma che mi rimetto agli organi preposti ad esprimere un giudizio in merito che rispetterò e accetterò». In sostanza la vicenda giudiziaria non è la priorità: «Mi impegno a dedicare le mie energie ad attività più costruttive e gratificanti dal punto di vista personale». Ovvero ciò che ha fatto nei mesi successivi alla scomparsa (la sera dell'11 novembre) e al ritrovamento (una settimana dopo) del corpo senza vita della ragazza, girando l'Italia per presentare il libro "Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia", il traino per promuovere il progetto della Fondazione e per fare opera di sensibilizzazione sulla violenza di genere.

I legali

Sul fronte legale gli avvocati dell'associazione Penelope Nicodemo Gentile e Stefano Tigani - che in quella drammatica domenica di novembre, nell'immediatezza della scomparsa di Giulia, si mossero subito per dare piena assistenza alla famiglia Cecchettin - come parte civile sembrano intenzionati a procedere nella loro azione tenendo fuori ogni eccesso giustizialista. «Non è un giorno di festa - premette Tigani - questo voglio sottolinearlo. Credo che ci debba essere riconosciuto un comportamento improntato alla sensibilità e alla riservatezza, nel pieno rispetto del lavoro degli investigatori e della Procura, che ringraziamo perchè non era facile - con una indagine così complessa - arrivare a queste conclusioni in sei mesi di tempo». Ergastolo è ora la parola che aleggia per l'azione omicida di Filippo Turetta, ma Tigani preferisce affrontare il caso con estrema prudenza. «La parte civile usa chiedere una pena di giustizia - puntualizza - ma è chiaro che si è arrivati alle conclusioni che noi avevamo in testa fin dall'inizio.

Attendiamo il processo, ma certo che nel momento in cui è contestato l'omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, la crudeltà e l'efferatezza, nonché dallo stalking, diventa difficile non ipotizzare l'ergastolo».

Ultimo aggiornamento: 10:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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