Tassi d’interesse mai così alti dall’introduzione della moneta unica, ma i mercati adesso vedono il capolinea. La Bce ha stretto ancora la cinghia nella lotta senza quartiere contro un’inflazione «che è sì in declino, ma rimane ancora troppo alta per troppo a lungo»: il consiglio direttivo dell’Eurotower ha deciso quindi di aumentare di altri 25 punti base il costo del denaro per la decima volta consecutiva in 14 mesi, portando il tasso principale al 4,50%, quello sui depositi al 4% e il marginale al 4,75%.
MILANO POSITIVA
Ma nella prima riunione dopo l’estate, e di fronte alla debole congiuntura economica, ha mandato un doppio segnale di prudenza, spostando l’attenzione più sulla durata dei tassi record che su nuovi incrementi, e confermando che continuerà gli acquisti dei Btp e degli altri titoli del debito pubblico e privato nel quadro del Pepp, il Quantitive easing figlio della pandemia, fino alla scadenza del 2024.
Un segnale che c’è ottimismo quanto al fatto che quello deliberato ieri - e che avrà effetto dal 20 settembre - possa essere davvero l’ultimo rialzo prima di una pausa durante l’autunno. Il comunicato finale, infatti, è frutto di un compromesso tra falchi e colombe: i primi hanno ottenuto un nuovo incremento, i secondi l’espressa cautela quanto alle mosse future. «Il consiglio direttivo - si legge nel documento - ritiene che i tassi abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione» all’obiettivo del 2% simmetrico nel medio termine. Per tagliare il traguardo, tuttavia, ci vorranno ancora un paio d’anni, secondo le stime diffuse ieri dalla Bce, che fotografano un carovita al 5,6% nel 2023, al 3,2% nel 2024 fino a scendere al 2,1% nel 2025. Nella formula di compromesso finisce anche il passaggio sul reinvestimento del capitale rimborsato sui titoli in scadenza del Pepp, che andrà avanti fino al 2024: viene sventata così la temuta stretta sul fronte degli acquisti dei titoli del debito. «Le decisioni future assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario».
La decisione di incrementare i tassi di un quarto di punto percentuale, del resto, non è stata presa all’unanimità ma con una «maggioranza solida», ha detto Lagarde, spiegando che alcuni governatori delle Banche centrali dell’Eurozona «avrebbero preferito una pausa». Anche per i timori legati a una crescita al palo in Europa, certificata dalla stessa Bce, che ieri ha rivisto significativamente al ribasso le sue stime per il Pil quest’anno e il prossimo, in linea con la Commissione Ue: secondo gli analisti di Francoforte, la crescita per l’Eurozona sarà dello 0,7% nel 2023 e dell’1% nel 2024.
Ma qual è l’impatto del costo del denaro al 4,5% su famiglie e imprese? Le famiglie indebitate, in Italia, sono 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale: di queste, 3 milioni e mezzo hanno un mutuo per l’acquisto di una casa. Per quanto riguarda i nuovi mutui, le rate di quelli a tasso fisso sono destinate a raddoppiare nel corso del 2023, mentre per quelli a tasso variabile il “rimborso” mensile dovrebbe salire del 60-70%. Più nel dettaglio, per un mutuo a tasso fisso da 200.000 euro di 25 anni (il tasso medio applicato dalle banche potrebbe essere avvicinarsi al 7%), la rata mensile sarà di 1.411 euro; per un prestito da 100.000 euro, a 25 anni, col tasso al 6,25%, la rata mensile sarà, invece, di 667 euro. Quanto ai vecchi mutui, invece, nessuna differenza per quelli a tasso fisso, mentre le rate di quelli a tasso variabile hanno subìto aumenti fino al 75%. Il valore complessivo dei mutui per l’acquisto di case ammontava, a fine luglio 2023, a 425 miliardi: circa un terzo, cioè 140 miliardi, è a tasso variabile e i restanti 285 miliardi sono a tasso fisso.