Scendono in campo le banche italiane per frenare gli effetti delle ultime strette sul Superbonus elaborate sul Mef.
LE MODIFICHE
Nell’ultimo emendamento del Mef al decreto Superbonus - quello con il governo cancella sconti in fattura e cessione del credito - ci sono una serie di misure, che finiscono per colpire gli istituti bancari. I quali dovrebbero avere in pancia circa 35 miliardi di crediti: secondo un’elaborazione della Fabi, Intesa Sanpaolo è titolare di uno stock di 20,1 miliardi, Unicredit di 5,7 miliardi, Bpm di 2,9 miliardi, Bper di 4,5 miliardi e Mps di 1,6 miliardi. Per capire la portata della partita sull’economia reale, è utile ricordare che, secondo Unimpresa, ci sono mezzo milione di cantieri che hanno goduto del Superbonus edilizio, per un totale di crediti di imposta maturati pari a 122 miliardi.
Stando alle prime valutazioni del mondo bancario, la misura che potrebbe principalmente colpire il settore sarebbe il divieto per gli istituti di credito, le assicurazioni e gli intermediari di non poter più compensare dal prossimo anno i crediti del Superbonus con i debiti verso l’Inps o l’Inail. In caso contrario si rischiano fortissime sanzioni. Sempre nell’ultimo testo inviato dal Mef in Senato - dove è atteso per il mercoledì il primo voto di conversione del decreto - è introdotto l’obbligo di dilazionare da 4 a 10 anni le rate per detrarre i crediti legati al Superbonus. E sempre dall'anno prossimo i soggetti finanziari - se hanno acquistato i crediti a un corrispettivo inferiore al 75 per cento del valore - dovranno ripartire le future rate in 6 quote annuali di pari importo, che a loro volta non potranno essere cedute oppure ulteriormente ripartite.
Da quanto trapela dal mondo creditizio lo spalmacrediti non è al centro delle preoccupazioni del settore. Che invece ricorda ancora che cosa successe ad agosto 2023: con un blitz il governo provò a introdurre una tassa una tantum sugli extraprofitti per drenare i guadagni garantiti dall’aumento dei tassi d’interesse dalla Bce. La norma, dopo un pressing dell’Abi con una forte sponda del ministro Tajani, fu modificata in ottica di rafforzamento patrimoniale delle banche con un onore due volte e mezzo quello iniziale. Dalle parti della politica c’è il timore che anche in questa partita siano presenti strascichi legati alla vicenda degli extraprofitti bancari.
LE DELEGAZIONI
Intanto questa mattina Forza Italia dovrebbe presentare le sue soluzioni per evitare - come ha ribadito Tajani - «norme con effetto retroattivo non fanno parte della cultura liberale». In quest’ottica rientra anche la richiesta di bloccare l’avvio della Sugar tax. Gli azzurri, con lo stesso ministro degli Esteri, dovrebbero incontrare le categorie colpite dalle disposizioni inserite nell’emendamento del Mef, che tra gli altri fronti riduce dal 50 al 30 per cento la detrazione per chi utilizza il bonus ordinario per le ristrutturazioni e le riqualificazioni energetiche. C’è chi parla anche della richiesta di un parere a Banca d’Italia, certo è che da ieri esperti del partito stanno lavorando sui testi, che potrebbero essere presentati sotto forma di subemendamenti, pur non modificando l’architettura e gli obiettivi del decreto. Alle 13 scatta il termine ultimo per depositare gli emendamenti in commissione Finanze del Senato, dove è prevista una riunione di maggioranza per le 17. Tra quarantott’ore è in programma il voto della commissione, il giorno dopo quello in Aula per il decreto, poi atteso alla Camera.
Intanto tutti i protagonisti ripetono che la tenuta del governo non è a rischio. Ma si registrano piccole politiche. Massimo Garavaglia, presidente della commissione Finanze del Senato, ricorda che «l'emendamento presentato sul Superbonus è del governo e non del Mef. Sorprende che Tajani abbia aderito a sua insaputa come già successo per il prelievo sugli extraprofitti delle banche. Si chiarisca con la premier Meloni e proponga dove reperire le risorse».
Ha replicato il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri: «Rispetto il senatore Garavaglia al quale mi lega una antica amicizia personale e una consuetudine parlamentare». Quindi ha ricordato che «non c’è nessuna volontà di rottura, nessuna distrazione», c’è invece «la volontà di non venire meno a principi inderogabili. Antonio Tajani ha sempre avuto uno spirito costruttivo ed è ben noto per il suo senso di responsabilità».
Getta anche acqua sul fuoco il leader della Lega, Matteo Salvini. A domanda sul dossier, ha risposto. «È tanto impegnativo il mio ministero che non mi occupo dei ministeri degli altri». Per poi aggiungere: «Sono sicuro che il governo troverà una soluzione. Però fatemi fare il mio lavoro e non quello degli altri».