Un palestinese ha intenzionalmente investito con un'auto un bambino di 8 anni e un giovane di 20, ferendo altre 5 persone alla fermata di un autobus a Gerusalemme Est.
Una escalation di violenze da una parte e dall'altra tanto che le due maggiori emittenti arabe al mondo, Al Jazeera e Al Arabia, da tempo si interrogano se sia già iniziata sotto gli occhi di tutti una nuova Intifada. La cronaca quotidiana farebbe pensare proprio questo e viene collegata come un effetto collaterale della politica oltranzista del governo di Bibi Netanyahu, ormai palesemente condizionato dai partiti ultra-nazionalisti e ortodossi. Da quanto si è installato sono aumentate uccisioni, raid, incarcerazioni e demolizioni delle abitazioni dei palestinesi in Cisgiordania e nei territori occupati.
L'anno scorso più di 170 palestinesi erano già stati uccisi dagli israeliani nella Cisgiordania occupata, e almeno altri 49 in un assalto di tre giorni da parte di Israele nella Striscia di Gaza ad agosto. Le scene ormai ricordano la Seconda Intifada, di 20 anni fa. A questo quadro drammatico è seguito l'attentato orribile nella Sinagoga: un uomo palestinese ha ucciso due settimane fa sette ebrei israeliani.
Il governo israeliano ha risposto con una legge che, secondo molti palestinesi, equivarrebbe a una "punizione collettiva". La legge prevede la demolizione accelerata delle case dei familiari dei palestinesi che hanno compiuto attacchi e piani per rendere più facile per gli israeliani ottenere armi.