Le tangenti sono (anche) una dimostrazione della debolezza della politica. Che deve ritrovare un suo "primato"

Giovedì 16 Maggio 2024

Caro direttore,
per ripristinare il giusto primato della politica (ma sarà mai possibile nelle condizioni in cui siamo?) si impiega la politica delle tangenti, delle mazzette, del sopruso e dell'aggressività: è un paradosso! E' in atto spero di non sbagliare - un vero , lento e progressivo suicidio democratico! Se si aggiunge che una parte dell'imprenditoria e della finanza, oltre che della cosiddetta società civile che siamo noi, è complementare a ciò (per non parlare delle organizzazioni criminali), con quali occhi possiamo guardare quelli della gioventù? A ciascuno, comunque, il proprio compito. Quando non ci saremo più, la Storia lo racconterà, con nomi e cognomi. Se questa è (per fortuna non tutta) la classe dirigente, io sono, modestamente, nel mio piccolo, Pelè (mignon!); se questo è qualunquismo, io sono, modestamente, nel mio piccolo, Seneca (mignon!).

Renato Omacini
Venezia


Caro lettore,
non ho l'ambizione di distribuire lezioni morali o di paragonarmi, neppure in versione mignon, a qualche divinità del calcio.

Ho solo qualche piccola idea sul primato della politica. Innanzitutto è bene intendersi di cosa parliamo: primato della politica non significa dominio o sopraffazione sulla società da parte della politica, ma consapevolezza ed esercizio del proprio ruolo rispetto agli altri poteri. Le tangenti, sono da un lato la rinuncia ad esercitare questo primato rendendosi succubi, in cambio di denaro, di potentati economici, dall'altro sono una deriva malavitosa frutto di un malinteso concetto di primato della politica, che sfocia nella sopraffazione e nell'arbitrio da parte della politica stessa. Ma perchè oggi la politica è così debole e ha perso larga parte del suo primato? Le ragioni sono molte. Una è certamente quella di aver delegato ad altri poteri, e in particolare a settori della magistratura, funzioni proprie della politica, lasciando che fossero pm ed atti giudiziari (e non le condanne, si badi bene) a decidere destini ed equilibri politici. Come ha detto Luciano Violante: "Il codice penale è diventato la nuova Magna Charta". A questa ripiegamento si è associato un progressivo allentamento, quasi un distacco, nel rapporto elettori-eletti, con questo ultimi che, anche a causa di leggi elettorali discutibili, rispondono sempre più al cerchio magico del capo piuttosto che a chi li ha scelti come rappresentanti. Ebbene, se questi sono due delle ragioni principali che hanno provocato la crisi del primato della politica, come si può intervenire per ripristinarlo? Forse mi sbaglio ma due delle più contestate riforme in discussione in questi mesi, benchè fortemente osteggiate dagli stessi che poi lamentano la debolezza della politica, andrebbero valutate in questo senso e con meno pregiudizi. Mi riferisco alla riforma della magistratura, che restituisce alla politica un compito che è esclusivamente suo: cioè quello di fare le leggi e definire le regole, rispettando il mandato ricevuto dagli elettori. La seconda è la riforma sul premiariato, cioè l'elezione diretta del premier. Aldilà dei distinguo tecnici e delle diverse strade che si possono seguire, qual'è il modo più efficace per rinsaldare il deteriorato rapporto tra eletti ed elettori, se non quello di assegnare a questi ultimi la possibilità di scegliere chi li deve governare? Sono domande semplici, per temi complessi, me ne rendo conto. Ma forse se partiamo da qui riusciamo a sfuggire dalle logiche di mera contrapposizione.

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