Strage di Ardea: un gesto eroico di un bambino di 10 anni che forse si sarebbe potuto salvare e invece è stato colpito mentre cercava di soccorrere il fratello più piccolo sanguinante a terra. È quanto emerge da un’ultima ricostruzione sulla strage di Ardea: Daniel che decide di non scappare per cercare di salvare il piccolo David, cinque anni. Inseparabili fino alla fine. Sarebbe stato accertato che Andrea Pignani avrebbe colpito prima David, il piccolo di 5 anni e poi il 74enne, Salvatore Ranieri. Daniel in quell’istante forse sarebbe potuto fuggire al mirino del killer ma ha preferito fermarsi accanto al fratellino, perdendo la vita anche lui. L’autopsia, conclusa ieri sera a Tor Vergata, conferma: un colpo di pistola ciascuno, al petto David e alla gola Daniel.
A soli dieci anni Daniel Fusinato, promessa del calcio, già tesserato della Lazio, si è reso protagonista di un gesto eroico molto più grande della sua piccola età: avrebbe potuto mettersi in salvo, molto probabilmente scappando verso casa e invece si è messo a correre in direzione del fratello.
LA FAMIGLIA
«Mia figlia non riesce nemmeno a parlare. Il nostro dolore è indicibile». Nonna Stella ha un filo di voce ed è distrutta dall’altro capo del citofono della sua abitazione di Ostia Nuova. «I nostri bambini ora sono angeli che ci devono proteggere», prosegue. Daniel e David, dieci e cinque anni, uccisi per pura follia a pochi passi da un campo da calcio nel comprensorio di Colle Romito ad Ardea, alle porte della Capitale. A sparare, Andrea Pignani ingegnere trasformatosi in killer la mattina di domenica scorsa. «Lasciateci nel nostro dolore», chiosa nonna Stella prima di essere interrotta da un pianto.
A quanto ricostruito finora, il mondo del 35enne era praticamente limitato alle mura della sua stanza in cui trascorreva intere giornate. Una camera che sarebbe stata quasi inaccessibile agli altri. E rimane al vaglio la posizione della madre dell’ingegnere per quanto riguarda la mancata denuncia della pistola di proprietà del marito che non fu denunciata alla sua morte, avvenuta nei mesi scorsi. La donna rischia l’accusa di detenzione abusiva di armi. La pistola, una Beretta modello 81 calibro 7,65 utilizzata dall’omicida, era detenuta regolarmente dal padre di Pignani, ex guardia giurata, ma alla sua morte non fu denunciata. «Non la trovavamo» si sarebbero giustificati i familiari. Ma la donna, essendo l’erede convivente del marito, avrebbe dovuto segnalare l’esistenza dell’arma anche se questa non era stata da lei ritrovata. I carabinieri stanno accertando anche l’eventuale presenza di telecamere che possano aver ripreso quegli istanti o inquadrato il killer lungo il tragitto. Aveva guanti, felpa, zainetto e una pistola in pugno.