La variante Omicron 5 ha permesso al Covid di rialzare la testa.
Omicron 5, i sintomi più lievi (ma non è un'influenza)
«È vero, la gran parte della replicazione» delle nuove sottovarianti di Omicron come Omicron BA.5 «avviene nelle prime vie aeree», quelle superiori, «ma questo virus non si è ancora completamente raffreddorizzato. Ci sono anche casi di polmonite e di polmonite interstiziale» e quindi «non è assolutamente da sottovalutare». Lo precisa all'Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all'università Statale di Milano, definendo un «messaggio distraente» quello che paragona a un'influenza mutanti di Sars-CoV-2 come Omicron 5, sulla base della sintomatologia rilevata nei Paesi a maggiore diffusione fra cui il Portogallo.
Un rapporto pubblicato lo scorso maggio da Santé Publique France ha confrontato i sintomi tra le diverse sottovarianti di Omicron, dalla BA.1 che ha caratterizzato l'ondata invernale tra fine 2021 e inizio 2022 fino alle ultime rilevate, le BA.4 e BA.5, che in questo momento stanno provocando la risalita dei contagi. Secondo il report non ci sarebbero molte differenze. Sono tuttavia aumentati problemi di affaticamento, tosse, febbre e mal di gola. La durata media dei sintomi sarebbe di circa quattro giorni. L'analisi dei sintomi riguarda però soprattutto le persone vaccinate e quindi già protette dalla forma aggressiva del virus. I non vaccinati, al contrario, rischiano effetti più gravi.
Galli: verso varianti con minore patogenecità
«L'andamento attuale induce qualcosa in più di un sospetto su una nuova, si spera modesta, ondata rappresentata dall'arrivo e dall'espansione di una ulteriore variante Omicron 5. Quanto siano veramente più buone le Omicron e quanto siano veramente più difesi gli ospiti non è ancora possibile dirlo. Verosimilmente la strategia di queste nuove varianti va verso una minore patogenecità». Lo ha affermato Massimo Galli, già direttore del reparto malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, ospite del Gr1 su Radio1.
Costa: convivere con positivi asintomatici
«Abbiamo sempre detto - ha aggiunto il sottosegretario - che uscire dallo stato di emergenza non significava uscire da pandemia. Il virus circola ancora» e l'aumento dei contagi è «credo sia normale se consideriamo che, nel nostro Paese, ormai da giorni, non esistono più restrizioni e quindi ci sono maggiori occasioni di incontri e momenti sociali, quindi le condizioni che favoriscono un aumento dei contagi». Il sottosegretario ha voluto poi chiarire la sua posizione sulla fine dell'isolamento per i positivi: «Se l'obiettivo è arrivare a convivenza con il virus, questo significa anche avere tanti positivi che circolano. Mi riferisco ai positivi asintomatici e vaccinati. Dovremo valutare quale sarà il momento più opportuno, dobbiamo arrivarci gradualmente».
«D'altra parte - ha osservato Costa - quando qualcuno prende l'influenza e ha sintomi leggeri non sempre sta a casa». Per il sottosegretario, dunque, «convivere con il virus significa convivere con i positivi», considerando anche che «quotidianamente circa 2,3 milioni di cittadini sono in isolamento, ma penso che altrettanti circolino inconsapevolmente senza sapere di essere positivi. Non credo che la strategia giusta sia quella di continuare a ricercare i positivi. Io credo che dobbiamo concentrarci più sui sintomatici, che richiedono ancora prudenza e magari ancora isolamento».