Canada, l’incubo dei lupi solitari Isis infiltrati in Europa e America

Giovedì 23 Ottobre 2014 di Marco Ventura
Canada, l’incubo dei lupi solitari Isis infiltrati in Europa e America
I più pericolosi sono i jihadisti della porta accanto, quelli che non ti aspetti, silenziosi e gentili ma che hanno combattuto in Siria e Iraq. Eredi di quelli che anni fa partivano, parecchi da Londra, spesso bravi studenti di seconda generazione, per andare a combattere nel Kashmir pachistano e infiltrarsi in quello sotto giurisdizione indiana, tornati poi in Occidente per diffondere l’Islam militante con la vocazione del Califfato.



Estremisti di rimbalzo che si erano formati sui manuali diffusi via Internet nei siti che i nostri 007 oggi lasciano “accesi” per poterli monitorare e che sviluppano un’attività costante di propaganda e insieme arruolamento. Ce ne sono tanti che non costituiscono un vero pericolo, «li chiamiamo franchising», spiegano gli addetti ai lavori. I video corrono in rete, filmati di propaganda tecnicamente avanzati frutto di know-how “occidentali”. Da un lato c’è la moschea, anche se non tutte le moschee sono uguali, dall’altro Internet. Nel mezzo, ci sono luoghi di aggregazione e di raccolta fondi come le macellerie islamiche. E accanto alle seconde generazioni c’è un nucleo crescente di convertiti che devono dimostrare la solidità della loro fede. Il fenomeno riguarda tutta l’Europa e il Nord America. I più inafferrabili sono i “lupi solitari”, quelli che si sono formati in proprio e sfuggono ai radar. Nella guerra del Califfato, che noi chiamiamo Isis e in Francia indicano col nome di Daesh per evitare di criminalizzare l’Islam in quanto tale, sarebbero coinvolti circa tremila “foreign fighters”, combattenti stranieri.



Sono emersi anche dei numeri. L’Italia ne ha uno relativamente basso: 45. Sarebbero invece 400 i belgi, 700 i francesi, 100 gli svedesi, 400 i britannici. Un’anticipazione nel maggio 2013: due nigeriani armati di machete sgozzarono un soldato britannico in mezzo alla strada nel quartiere sud-orientale londinese di Woolwich, rimasero a lungo a conversare con alcune coraggiose donne del posto. Anche loro “lupi solitari”?



L’assalto al Museo ebraico di Bruxelles con 4 morti a opera di un ex foreign fighter arrestato poi a Marsiglia, Mehdi Nemmouche, è un caso un po’ meno “solitario”. La rivista online dell’Isis ha pubblicato di recente un fotomontaggio con la bandiera nera svettante sul Vaticano, lo stesso Califfo Al Baghdadi ha puntato la spada su Roma. E l’allarme jihadismo è alto nel cuore dell’Europa, in Bosnia e Kosovo, davanti alle nostre coste. Il retaggio delle guerre jugoslave si fa sentire, nemesi per l’indifferenza davanti al massacro dei musulmani di Srebrenica, in Bosnia. Gilles Kepel, grande esperto che però nel 2001 scrisse un libro sostenendo che l’estremismo islamico era destinato alla marginalità, afferma oggi che la minaccia si propaga attraverso Twitter e le reti social. Le comunità più a rischio a Birmingham, Bedford e East London, poi nel Belgio pieno di salafiti, e in Francia a Marsiglia e Roubaix. L’insidia proviene non tanto dagli “stanziali”, quanto dai jihadisti che si muovono, vanno e vengono, attraversano l’Europa con passaporti europei, sfuggono ai controlli e godono di una rete di protezione internazionale. Lupi solitari ma non troppo. L’Italia è nel mirino perché centro della cristianità, e perché sosteniamo la coalizione contro l’Isis fornendo armi e formazione.

Ultimo aggiornamento: 08:18

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