Riforme, il voto slitta a settembre. Mediazione di Renzi con le opposizioni: via gli emendamenti

Martedì 29 Luglio 2014 di Nino Bertoloni Meli
Riforme, il voto slitta a settembre. Mediazione di Renzi con le opposizioni: via gli emendamenti
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Il voto finale a settembre. Il s definitivo sulla riforma del Senato viene spostato al 2 settembre. Il colpo di scena arriva a fine giornata, ed è di quelli destinati a incidere sui destini delle riforme. La proposta arriva da Vannino Chiti, l’ispiratore dei dissidenti del Pd, dopo una riunione assieme ai vendoliani e, pare, agli ex cinquestelle. «Torni il confronto politico, le riforme costituzionali non si possono affrontare in un clima di scontro», dice Chiti che poi lo riferisce al proprio capogruppo, Luigi Zanda.



La proposta è di modificare il calendario dei lavori di palazzo Madama: la maggioranza rinunci alla tagliola dell’8 agosto, i dissidenti si dicono pronti a votare solo alcuni punti della riforma rinviando il voto definitivo a settembre. La proposta viene considerata subito da Matteo Renzi «molto interessante», tanto che ai suoi il premier spiega che da giorni il filo del dialogo con Chiti era ripreso, che nessuno voleva impostare il confronto solo a base di scontri e di sedute notturne. Il problema però è se anche il M5S accetta, altrimenti l’ostruzionismo rimane tutto e i tempi non verrebbero rispettati, il problema di fondo è sempre quello, la mole delle migliaia di emendamenti.



«Se vogliono qualche settimana in più gliela diamo, se vogliono bloccare tutto, diciamo no», ha detto Renzi ai suoi, spiegando che «gli ostruzionisti si son messi in un cul de sac, possiamo dare loro una mano per uscirne, ma devono mollare sugli emendamenti, hanno tutta l’Italia contro». Conclusione: fino all’8 agosto si potrebbero svolgere le dichiarazioni di voto con qualche votazione, poi il 2 di settembre il voto finale. Non è un prendere o lasciare, ma qualcosa che somiglia a un penultimatum, sì.



Ligio alla prassi di una novità al giorno, il premier aveva in giornata inviato a sorpresa una lettera ai senatori impegnati nelle votazioni a rilento sulla modifica del Senato, «una vera rivoluzione in linea con le principali esperienze europee, si può essere d’accordo o meno, ma definirla svolta autoritaria significa litigare con la realtà». Poi un vero e proprio monito a quelli che Renzi chiama «i presunti difensori delle istituzioni»: di fronte a questo fatto storico di cambiare le istituzioni, «è umiliante vedere trascorrere il vostro prezioso tempo a discutere di argomenti assurdi, come cambiare il nome della Camera dei deputati in Gilda dei deputati». Una rasoiata ai promotori dell’ostruzionismo, ai presentatori dei 6 mila emendamenti (Sel) che rischiano di far lavorare anche di notte i senatori per chiudere entro l’8 di agosto, data a rischio vista la mole di emendamenti, tanto che la ministra Boschi ha già annunciato severa «niente approvazione l’8? Saltano le ferie».



Ma non è stata solo un richiamo ai senatori, la missiva renziana. La lettera è servita al premier per annunciare pubblicamente alcune modifiche da apportare all’Italicum, che così dalla cerchia dei ”si dice” e dei sussurri, sono diventate realtà. «La discussione al Senato consentirà di affrontare i nodi ancora aperti sulla legge elettorale: preferenze, soglie, genere», scrive Renzi. Assieme all’alternanza uomo-donna, l’ex sindaco annuncia ed enuncia in realtà il pacchetto di proposte sulle quali si sta veramente trattando per sbloccare sia la riforma del Senato sia l’Italicum. Renzi pronuncia senza giri fumosi la parola «preferenze», e la modifica consisterebbe in questo: le liste non sarebbero più bloccate in toto, ma si andrebbe a un éscamotage che prevede solo il capolista bloccato, mentre gli altri verrebbero eletti in base alle preferenze. Quanto alle soglie: ci sarebbe il 4 per cento per tutti, sia coalizzati che non (ma qui il Cav nicchia); mentre per poter accedere al premio si deve raggiungere la quota del 40 per cento e non più del 37,5 com’è adesso, una modifica questa che al Cavaliere sta bene («già così noi vinceremmo subito», ha fatto rilevare più volte Renzi dall’alto del suo 40,8 riportato alle Europee). Sono modifiche che quelli di Sel hanno capito essere in campo quando sono saliti al Quirinale pochi giorni fa. «Si discute, si tratta, ma al momento non c’è niente di scritto», allarga le braccia Nicola Fratoianni, numero due di Sel.
Ultimo aggiornamento: 10:30

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