La prossima sfida di Renzi:
ridurrò il potere dei Tar

Domenica 20 Aprile 2014 di Alberto Gentili
Matteo Renzi
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Smentiti i rosiconi e avviata la Restituzione, ora si va avanti con le altre cose da fare. Entro maggio la riforma del Senato, poi quella della giustizia. Matteo Renzi nel Sabato Santo si è goduto un po’ riposo con la famiglia a Pontassieve. Ma la festività non ha impedito al premier di mettere la testa alle prossime tappe, dopo l’approvazione venerdì del decreto che dà i famosi 80 euro mensili ai redditi bassi e avvia la «Rivoluzione» della pubblica amministrazione.



Renzi, determinato a far lievitare il peso elettorale del Pd alle elezioni europee del 25 maggio e a ricevere così (di fatto) quella legittimazione popolare che non ha avuto quand’è approdato a palazzo Chigi, vuole incassare prima del voto un altro successo. Il sì di palazzo Madama, appunto, alla riforma del Senato. Un sì che cancellerebbe i senatori elettivi e stipendiati e abolirebbe il bicameralismo perfetto. «Tra poco più di un mese gli italiani mi giudicheranno per quello che ho fatto, non per un pensiero o un’ipotesi», chiosa il premier. Da qui la determinazione a non arretrare «di un solo millimetro e a non togliere il piede dell’acceleratore «andando avanti come un treno». Tanto più perché, se le cose andranno come Renzi spera (gli ultimi sondaggi danno il Pd al 35%), «dopo le elezioni la strada sarà più in discesa».



LE MISURE SULLA GIUSTIZIA

Tra le prossime tappe non c’è però solo l’intenzione di cambiare i connotati al Senato, a fine maggio o a inizio giugno Renzi affronterà la riforma della giustizia. Il ministro Andrea Orlando ha pronti due pacchetti. Il primo riguarda l’introduzione del reato di autoriciclaggio, per impedire ai condannati di utilizzare i fondi ricavati con le attività criminose. Il secondo è legato alla riforma del processo civile e punta a varare strumenti per alleggerire il lavoro dei tribunali (le cause arretrate sono arrivate a quota 5 milioni), introducendo filtri e incentivazioni all’accordo tra le parti, in modo da evitare che i contenziosi arrivino a giudizio.



A palazzo Chigi parlano anche di riforma della giustizia amministrativa, rinverdendo il progetto di modificare il sistema per i ricorsi al Tar e abolendo la sentenza di sospensiva. «Attualmente chiunque può presentare un ricorso e bloccare l’attività di un’azienda. Questo sistema senza certezze per chi lavora va assolutamente cambiato», afferma uno stretto collaboratore del premier.



Al momento, invece, non è all’ordine del giorno la questione della responsabilità civile dei magistrati, in passato cavallo di battaglia di Renzi. Orlando ritiene che prima vadano messi in campo strumenti adeguati a «far funzionare il sistema-giustizia». E anche dall’entourage del premier filtra un approccio prudente: «Se ne comincerà a parlare, ma è difficile che riusciremo a varare a breve un provvedimento».



Ciò che è sicuro è che Renzi, rompendo l’antica tradizione del partito, non intende avere un approccio eccessivamente rispettoso (ossequioso?) verso i magistrati. L’ha dimostrato venerdì quando ha usato parole ruvide annunciando il taglio agli stipendi oltre quota 240mila euro: «Io non commento le sentenze e mi aspetto che i giudici non commentino il processo di formazione delle leggi che li riguardano». Parole che hanno suscitato la piccata reazione dell’Associazione dei magistrati. A palazzo Chigi però assicurano che Renzi non intende andare alla guerra: «Matteo si è irritato perché l’Anm aveva cominciato a protestare prima ancora di conoscere le norme. Ma non c’è niente di più».



IL NUOVO FRONTE

Eppure non deve essere proprio così, se il giorno dopo il duello con l’Anm, Renzi sulle stesso fronte ha fatto scendere in campo la vicesegretaria Debora Serracchiani. «L'indipendenza della magistratura è sancita dalla Costituzione ed è inviolabile», ha dettato in una nota la vice di Renzi, «ma l'applicazione di un principio di solidarietà sociale in tempi difficili è altra cosa e non dovrebbe essere sentito come una diminutio imposta alla categoria».

Insomma, un nuovo fronte è aperto. Cominciano le prime schermaglie, tanto più che Renzi «non è mai stato un fan della magistratura, in particolare di quella amministrativa e contabile», afferma un suo stretto collaboratore, che ricorda una famosa frase pronunciata dal segretario del Pd il 23 ottobre scorso: «Faremo la riforma della giustizia perché ce la chiede Silvio, non Berlusconi ma Silvio Scaglia», l’ex patron di Fastweb rimasto un anno in carcere con l’accusa di maxi frode fiscale e poi assolto. «L’uso della carcerazione preventiva è una cosa indegna», scandì sette mesi fa Renzi. Ma ora, con Silvio Berlusconi tornato ad attaccare la magistratura, potrebbe essere imbarazzante modificare in modo sostanziale il codice penale.



L’intenzione del premier è quella di mantenere un’equidistanza tra gli altri due competitor: Berlusconi, appunto, e Beppe Grillo. La prova è arrivata ieri dalle dichiarazioni dei suoi fedelissimi impegnati a difendere il decreto di venerdì. Lo slogan ripetuto: «Da Berlusconi 20 anni di illusioni, da Grillo solo chiacchiere e distintivo». E Renzi ha confidato ai suoi: «Grillo sta perdendo il contatto con la realtà, difende a spada tratta il Senato».
Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 12:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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