Quirinale, Renzi: «I voti sicuri sono 592»

Sabato 31 Gennaio 2015 di Alberto Gentili
Quirinale, Renzi: «I voti sicuri sono 592»
Matteo Renzi alle otto di sera guarda i numeri, le tabelle e i conti sui grandi elettori che Lorenzo Guerini e Luca Lotti hanno appena sfornato. Sorride soddisfatto. Quasi si stropiccia gli occhi: «Siamo vicini a compiere il miracolo. Mattarella sarà davvero il presidente di tutti. Manca qualche dettaglio, ma siamo a un passo dal traguardo, la maggioranza che eleggerà il nuovo Presidente sarà amplissima...».



I renziani si spingono più in là. Parlano di «successo clamoroso». Di «vittoria schiacciante»: «Abbiamo puntato su Mattarella per superare le divisioni nel partito, per aprire una fase nuova di unità e perché Sergio sarà uno straordinario Presidente. Ebbene, adesso stanno per votarlo anche Alfano e il suo partito. Due piccioni con una fava: Pd per la prima volta unito e maggioranza di governo ricompattata». Al diavolo Silvio Berlusconi, se continuerà a dire di no. Al diavolo il Patto del Nazareno, se così vorrà il capo di Forza Italia: «Ormai le riforme sono avviate, possiamo andare avanti anche da soli», sostiene Lotti, l'ombra di Renzi.

I numeri nel pallottoliere del premier-segretario suonano «rassicuranti». Sicuri erano già 581 voti (Pd, Sel, Centro democratico, Scelta civica, Gal, autonomisti sparsi e qualche ex grillino) e a questi, con la possibile conversione di Area popolare di Angelino Alfano, se ne aggiungerebbero 75 (11 certi). Per un totale di 656 voti, a un soffio dalla maggioranza dei due-terzi pari a 673 grandi elettori. «E forse possiamo raggiungere e superare pure quella», incrociano le dita a palazzo Chigi, «ci sono tanti di quei ex democristiani in Forza Italia che qualche franco soccorritore forzista è praticamente certo...».



Ma per Renzi e i suoi mediatori non è stata una giornata facile. La tentazione di Berlusconi e Alfano, trapelata di buon mattino, di passare dalla scheda bianca all'Aventino uscendo dall'aula, allarma il premier. Di colpo rischia di essere vanificato il lavoro dei reclutatori tra le file di Forza Italia e di Area popolare: obbligati a non partecipare al voto, molti ex dc dell'opposizione non potranno più garantire il soccorso bianco nel segreto dell'urna a Mattarella.

Poco prima di pranzo però il vento gira. Nel centrodestra avvengono i primi, attesi (da Renzi), smottamenti. Prima il ribelle forzista Raffaele Fitto fa trapelare che è pronto, con i suoi 39 grandi elettori, a votare il nuovo Presidente e, semmai, a entrare in maggioranza. Poi il massiccio fronte dei siciliani, almeno una ventina, comincia a pressare Alfano perché cambi idea. Il leitmotiv: «Sergio è uno dei nostri, non possiamo voltargli le spalle? Noi lo votiamo a prescindere».



Scendono in campo mediatori e pontieri. Giorgio Napolitano prima in aula, poi nella stanza del governo in un corridoio laterale di Montecitorio, incontra Alfano. Lo invita a cambiare idea: «Mattarella è una persona di assoluta lealtà, correttezza, coerenza democratica e alta sensibilità costituzionale». Le stesse parole l'ex capo dello Stato le spende con il ministro centrista Maurizio Lupi. Pier Ferdinando Casini, già candidato del centrodestra, non sta a guardare. Si mette a lavoro per conseguire la più ampia maggioranza possibile sul nome di Mattarella e per evitare che «si interrompa il percorso delle riforme».

Renzi, dopo aver incontrato Guerini, Lotti e i capigruppo del Pd Luigi Zanda e Roberto Speranza, fa filtrare «una rabbia furiosa». Destinatario: Alfano. Qualche agenzia di stampa batte la notizia di un ultimatum al ministro degli Interni, reo di non votare il nuovo capo dello Stato.



Vero o no, nel Ncd la tensione è alle stelle: «Renzi vuole andare spedito alle urne, oppure vuole cacciarci dal governo per imbarcare Fitto e Vendola», diceva un ministro centrista dopo la promessa dell'anonimato, «ma Matteo sta facendo harakiri, sta facendo come Berlusconi che dopo aver cacciato Fini si affidò ai Responsabili finendo ricattato e impantanato. E comunque la minaccia delle elezioni non ci spaventa: l'Italicum non è ancora approvato e con il Consultellum, tutto proporzionale, non vince nessuno. Neppure quel folle di Renzi».



IL RUVIDO FACCIA A FACCIA

Alle cinque di pomeriggio si celebra l'atteso faccia a faccia tra il premier e Alfano nel solito corridoio laterale di Montecitorio. Incontro definito «decisamente ruvido». Renzi: «Angelino, mostrati ragionevole. Lo sai o no che metà dei tuoi sono pronti a votare Mattarella?». Alfano: «Matteo, sei tu ad aver fatto il pasticcio, hai compiuto una forzatura presentando Sergio come un “candidato contro” e spostando l'asse a sinistra. Ora non puoi chiedermi di rompere il coordinamento con Berlusconi, sono una persona seria io. Fai un appello, oppure chiedi a Mattarella di lanciare un richiamo all'unità come fece Pertini prima di essere eletto». Renzi: «Il mio appello, che farò solo per carità di Patria, sarà rivolto a tutti, non solo a voi».



Tant'è, che poco dopo da palazzo Chigi esce un comunicato firmato dal premier («decisamente controvoglia») in cui non si fa alcun accenno ad Area popolare e tantomeno a Forza Italia. Cominciano però immediatamente a circolare le voci sulla “conversione” di Alfano. Conversione smentita poco dopo: «Nessun sì a Mattarella, decideremo domattina (oggi, ndr.) dopo aver sentito anche Berlusconi», fa sapere Alfano. Ma Renzi chiama al telefono il suo ministro. E a palazzo Chigi azzardano: «Ci sono le condizioni per un'ampia convergenza su Mattarella, la notte porterà consiglio». Berlusconi? A lui neppure una telefonata. Il Nazareno è davvero alle spalle. Forse.



Ultimo aggiornamento: 15:58

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