Caos organizzativo all'asilo nido: la Regione
controlli i destinatari dei suoi contributi

Lunedì 30 Settembre 2013
Sono un pap. Mio figlio di sei mesi va all’asilo nido: viene iscritto presso una Cooperativa di Padova. Noi genitori lavoriamo e abbiamo avuto la necessit di usufruire di questa struttura. La nostra famiglia poteva beneficiare del contributo regionale agevolato alla condizione che il bambino vi rimanesse come minimo sei mesi, dunque fino all’età di un anno.



Determinante per il consenso era la presenza di personale qualificato. Sebbene eventuali sostituzioni sarebbero state accettabili. Ed è quel che è successo in tutta normalità; tranne per come tale evento è stato gestito. L’operatrice, per suoi impegni, se ne è andata e quel che mi preme è segnalare come tale evento è stato gestito dall’erogatore del servizio. L’uscita anticipata dell’operatrice dell’asilo in famiglia è avvenuta senza informare le famiglie e senza ipotizzare quali avrebbero potuto essere i potenziali scenari futuri.



In breve sintesi: dopo aver svolto un’indagine presso i genitori per capire quali bambini avrebbero continuato a frequentare la struttura anche nell’anno successivo, la cooperativa organizza una riunione con i soli genitori che confermano la presenza per l’anno successivo, 2 su 6, a totale insaputa degli altri genitori; si prevede, nonostante questa disinformazione, di festeggiare la chiusura dell’anno fissando ora e data: il 30 luglio, alle ore 18. Ed è in quell’occasione che verrà data comunicazione della uscita dell’operatrice anche se già da un paio di settimane lo si sapeva.



Non contenti di questi raffazzonati avvisi, il giorno della festa, prima delle 18, la responsabile della scuola mi chiama al telefono per dirmi che nel corso della festa l’educatrice comunicherà la sua uscita dalla cooperativa a partire dal giorno successivo, primo agosto e che lei stessa responsabile organizzativa del nido, non potrà essere presente alla festa. Un completo caos comunicativo e una deresponsabilizzazione annunciata! Ora tutto questo avviene entro un rapporto contrattuale in cui sono coinvolte istituzioni pubbliche come la Regione che eroga finanziamenti ai cittadini. Il modo con cui è stato trattato il rapporto mi ha portato a recedere, pagando comunque le rette dovute.



Nel frattempo ho trovato per mio figlio un’altra soluzione; non vorrei tuttavia sottacere le profonde lacune che hanno caratterizzato il suo delicato iniziale percorso di vita per mancate o raffazzonate comunicazioni da parte dell’erogatore del servizio e per una mancanza delle istituzioni sprovviste probabilmente di linee guida nella gestione dei rapporti che intercorrono fra famiglie, servizi erogati e organi preposti alla vigilanza e corretta applicazione di norme e regolamenti nel campo degli asili nido. Il motivo per cui ho ritirato mio figlio dall’asilo in famiglia coinvolge l’istituzione che promuove e sovraintende la rete dei Nidi in Famiglia nel Veneto, la Direzione Servizi Sociali Regionale.



Il DGR 1502/11 prevede che sia la Regione a promuovere questa rete; che la gestione del servizio sia di competenza del Nido in Famiglia e la vigilanza di conformità legislativa sia esplicata dagli enti finanziatori. Ebbene, mi sento di affermare che tale sistema di vigilanza e controllo funziona se esso è indipendente dalla struttura che eroga il servizio; lo stato di indipendenza presuppone l’esatta individuazione di quali siano i soggetti che pagano l’organizzatore: sono questi la Regione o la struttura stessa del Nido in Famiglia? Solo la perfetta conoscenza dei finanziatori rende possibile escludere potenziali conflitti di interesse che limitano l’efficacia dei processi di vigilanza.



Il nido in famiglia è stato concepito come strumento snello e efficace al fine di sopperire alla mancanza strutturale del servizio pubblico di supporto alle famiglie nella prima infanzia. Per tale motivo l’iter burocratico e gli adempimenti normativi e strutturali risultano meno elaborati rispetto ad un qualsiasi altro iter di accreditamento per strutture che forniscono un servizio simile. Questa minore pressione burocratica tuttavia non può giustificare il venir meno di standard qualitativi minimi, in ogni caso, ma soprattutto quando si ha a che fare con bambini nella prima fase di vita. Potrebbe rendersi necessario fornire alle strutture implicate, pubbliche e private, linee guida in grado di promuovere una corretta informazione e una adeguato standard comunicativo nelle fasi operative per evitare errori e mancanze, così come accaduto nella cooperativa in oggetto. E rendere trasparenti i soggetti pubblici e privati e le loro quote di finanziamento.



Mirco Toffanin
Ultimo aggiornamento: 12:36