L'Euro e la differenza
tra propaganda e analisi

Venerdì 18 Aprile 2014
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Caro direttore,

con una moneta che si rivaluta sempre ed è gia troppo forte (per l'Italia), l'unico margine se si vuole rimanere con l'euro è di programmare una discesa dei prezzi del 30%. Gli italiani sono sempre più delusi dalla moneta unica, anche se ne temono l'uscita. E la tematica sembra interessare alcuni partitini con tanti slogan a tempo perso. La gente è stanca delle sparate: ma il problema è serio e va studiato a fondo perché vanno trovate soluzioni. Entrare nell’euro per l’Italia è stato positivo. Il problema è che parte dell’Europa era molto squilibrata rispetto alla “media” centro-continentale (Germania, Francia e Benelux) e allargandosi ha sì portato avanti un positivo discorso europeista, ma ora non riesce ad affrontare la crisi tanto che lo stesso concetto di Europa sta crollando, con punte del 68% di cittadini europei insoddisfatti della Ue. La domanda è se un euro così ci serva ancora, se dobbiamo passivamente subirlo oppure se dobbiamo invece chiedere di cambiare alcuni parametri. Rinegoziare l’euro non significa uscire dall’Europa: Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Danimarca sono in Europa ma non usano l’Euro e se la cavano meglio di noi. Noi italiani tra l’altro abbiamo un grande vantaggio da far pesare sulle trattative: siamo comunque un mercato di 60 milioni di persone che se ricominciassero a comprare italiano, mangiare italiano, fare vacanze in Italia e così via, rilancerebbero l’economia e l’occupazione interna.

Orlando Masiero

Fiesso D’Artico (Ve)





Caro lettore,

credo che sia bene distinguere tra propaganda e analisi. Che molti partiti in questi ultimi tempi si siano scoperti, un po' improvvisamente e maldestramente, contrari alla moneta unica non fa onore alla politica ed è peraltro facilmente spiegabile: sperano di intercettare il legittimo malcontento popolare generato dalla lunga crisi economica e acuito dalla austerità imposta dalla Ue a trazione tedesca. Ma il problema, come anche lei riconosce, non è l'euro, ma l'Europa e, nell'Europa, il ruolo dell'Italia. L'idea che abbandonando la moneta unica, recuperiamo in un colpo solo competitività e potere d'acquisto e ci scrolliamo di dosso anche tutti i vincoli e i tetti che oggi condizionano la nostra economia, è troppo suggestiva per essere vera. Purtroppo non è così. Con o senza euro restiamo comunque un Paese troppo indebitato e quindi debole sul piano internazionale. Il crescente sentimento anti-europeo è una realtà, non solo in Italia ma in molti altri paesi. Andrebbe utilizzato però non per inutili campagne di retroguardia, ma per imporre un deciso cambio di marcia a questa Europa. Che non può essere fondata solo sull'austerità e neppure essere solo funzionale agli interessi della Germania e dei suoi paesi satelliti. Ma per fare questo e avere voce in capitolo nella creazione di una nuova Europa, l'Italia deve, innanzitutto, fare bene i compiti a casa. Ossia realizzare le riforme e proseguire nel risanamento. Altrimenti, con o senza euro, agli occhi degli altri Paesi rimarremo sempre un Paese grande prima che un grande Paese.

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