​Il dramma degli esuli, attacchi
vergognosi a Cristicchi

Martedì 4 Febbraio 2014
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Caro direttore,

com’era prevedibile lo spettacolo di Cristicchi “Magazzino 18” ha scatenato reazioni, ire e insulti da parte di chi vuol vedere nello strazio di una terra vilipesa una mistificazione fascista e nell’esodo disperato di tanta gente solo la fuga di una marea di fascisti.



Sono figlia di genitori istriani, sono nata a Trieste ma ho vissuto un’infanzia felice in quella terra, dove avevo nonni, parenti, famiglia… Me la sono vista strappare, ho visto parenti infoibati, altri emigrati nei quattro angoli della terra: Australia, Stati Uniti, Argentina. Motivi di studio prima e di matrimonio poi mi hanno portata a Venezia dove pensavo di trovare serenità. Non è stato così, dovevo sempre tacere per non essere tacciata di fascismo.




Maria Grazia Pieri Selle



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Cara lettrice,

lo spettacolo di Cristicchi "Magazzino 18" prende il nome dall'edificio di Trieste dove sono conservati gli oggetti degli esuli istriani e dalmati, ossai di quelle persone di etnia italiana, circa 300mila, che, dopo il Trattato di Pace del 1947, quando alcuni territori entrarono a far parte della Jugoslavia, lasciarono la loro terra, finita ormai nell'orbita comunista ed emigrarono in altri Paesi, non prima di essere stati spesso costretti a vivere per lunghi periodi nei campi profughi. Per questo suo lavoro Cristicchi ha subito forti critiche e contestazioni; addirittura l'Anpi, l'Assoociazione nazionale partigiani d'Italia, ha chiesto che gli fosse ritirata la tessera di socio onorario che la stessa Associazione gli aveva assegnato qualche anno prima per un altro suo spettacolo teatrale.



Qual è la colpa di cui si sarebbe macchiato Cristicchi? Quella, a dire dei suoi critici, di aver fatto "propaganda antipartigiana". Come se raccontare, in modo non unilaterale, un pezzo, indubbiamente scomodo e controverso, di storia italiana e riportare alla memoria il dramma, umano e familiare prima che politico, vissuto da centinaia di migliaia di persone fosse un reato di lesa maestà. Eloquente il fatto che i censori di Cristicchi abbiano considerato particolarmente grave che nel suo spettacolo Cristicchi ricordi lo sdegno che suscitò nella comunità degli esuli l'omaggio (deprecabile) che il Presidente Pertini face al feretro del presidente comunista Tito.



E cosa avrebbero dovuto fare: esultare? O forse non è lecito criticare l'errore commesso da Pertini, un grande Presidente ma che certamente non compì un atto degno della sua persona, onorando un feroce e crudele dittatore quale fu Tito? Lei si chiede perché tutto ciò, ancora oggi, accada. Una risposta l'ha già data lo stesso Cristicchi rispondendo ai suoi critici: "Da artista", ha detto, "sono abituato agli attacchi di chi non vuol vedere i chiaroscuri della Storia". E, aggiungiamo noi, di chi non accetta quelle che Hegel definiva "le dure repliche della Storia". Purtroppo nel nostro Paese una parte di opinione pubblica continua ad essere vittima di una visione manichea delle vicende che, in particolare, segnarono la fine dell'ultima guerra mondiale e il dopoguerra. C'è un'irriducibile incapacità, rafforzata da anni di storiografia monocorde, a fare i conti in modo equilibrato ed equanime con i drammi e gli errori che, da tutte le parti, contraddistinsero quella tragica stagione.



Etichettare come fascisti tutti coloro che scelsero di non vivere in Jugoslavia è il frutto di questo atteggiamento culturale. Ma è, per molti, anche il modo di non fare i conti con la propria storia personale. Di non riconoscere che, finalmente sconfitta la dittatura grazie anche alla Resistenza, in molti tra coloro che avevano valorosamente contribuito a liberare l'Italia dal fascismo, volevano imporre al nostro Paese un'altra dittatura, non meno feroce, quella del proletariato. La stessa da cui fuggirono centinaia di migliaia di esuli. Pagando un prezzo elevatissimo ai propri affetti, alla propria terra, alla propria identità. Ricordarli non è solo giusto. È un dovere.
Ultimo aggiornamento: 14:00

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