​Padre Raphael, una storia
raccontata con rispetto

Sabato 10 Maggio 2014
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Caro direttore,

ho letto l’articolo di Giorgia Pradolin, intitolato “Il prete e la poetessa, amore in laguna”, apparso sul Gazzettino di domenica scorsa. Ho atteso qualche giorno per inviare questa lettera, a titolo personale, perché ho voluto che la missiva non fosse influenzata dalla mia indignazione. Ho conosciuto padre Raphael sia a San Lazzaro, sia a Padova, in quanto per un breve periodo ha celebrato la Divina Liturgia per la Diaspora armena nella chiesa di San Leopoldo.



Non entrerò in polemica con la giornalista e col Gazzettino che è anche il mio giornale, da cui non mi sarei aspettato un siffatto articolo. La salma è stata sepolta poco prima delle 15 e il giorno dopo era già stampato l’articolo a tutta pagina con particolari a dir poco scabrosi che pretendono di scavare nella vita di un uomo consacrato. Anzitutto va rilevato che padre Raffaele, sacerdote a Boston, in una parrocchia armena-cattolica, dedicata alla Santa Croce, non può più parlare. Poi non capisco quel “don” che si antepone al nome di padre Raphael, perché questo si addice ai sacerdoti di rito latino che non fanno parte di congregazioni o di ordini monastici. Inoltre, e questo è più grave, si afferma che padre Andonian era vescovo, cosa non vera. Egli era “vartaped” ossia “maestro”, se si vuole archimandrita, titolo che si dà a sacerdoti celibi dopo una celebrazione che non è un ordine sacro.



Il “vartaped”, riconosciuto per la sua dottrina, ha il diritto di portare la croce e il “kavazan” ossia il pastorale. Circa poi la corona, la portano tutti i sacerdoti armeni ed è ben diversa dalla tiara. Dare in pasto al pubblico notizie affrettate e scavare nell’intimo della persona non giova a nessuno.




Giuseppe Munarini



Padova




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Caro lettore,

mi dispiace contraddirla ma noi non abbiamo né violato alcuna intimità né scavato nella vita di nessuno. Abbiamo raccolto e approfondito la testimonianza di una persona che, attraverso una lettera al Gazzettino, ha voluto raccontarci questa sua né banale né consueta vicenda personale. Una storia di condivisioni profonde e di affetti tra una donna e un uomo e come tale assolutamente intima, ma che lei ha liberamente scelto di rendere pubblica, anche per rispettare, come ha spiegato, un impegno che entrambi avevano preso prima della scomparsa di padre Raphael. I giornali sono, nel bene come nel male, specchi della realtà. E questa realtà ha molte sfaccettature. Non sempre gradevoli, non sempre facili da accettare e condividere.



Ma non c'è dubbio che la storia di un legame di affetti durato 27 anni tra una poetessa e un prelato, anzi un "maestro" come lei precisa, non rientri nella normalità e rappresenti una traccia di vita che, per la sua particolarità, merita di essere raccontata. Con il rispetto dovuto e senza violare alcuna intimità, naturalmente. Ma è ciò che abbiamo esattamente fatto.
Ultimo aggiornamento: 14:54
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