I primi soccorritori: «C'era tanto sangue
e una voce soffocata diceva aiuto, aiuto»

Lunedì 26 Marzo 2012 di EmanueleMinca
(da sinistra) Ramazan Koni (alla guida), Sandy Gorgato, Eriseldo Gjini
PORDENONE - Sentivamo chiedere aiuto da sotto l'auto. Il ragazzo era l, incastrato tra le lamiere, il guard-rail che aveva trapassato l'auto era sopra la sua testa. Chiedeva aiuto, ma non potevamo fare niente. Sono passate poche ore dall'incidente che ha svegliato la comunità di dall'incidente che ha svegliato la comunità di e nella memoria di Michele Masiero la terribile scena è scolpita nella mente. Non potrà più dimenticare quegli istanti.



L'uomo vive a pochi metri dal luogo dell'incidente. Sta dormendo quando alle 5 del mattino un rumore «fortissimo» lo sveglia. «Sono sceso in strada per vedere cos'era successo: eravamo in 5-6 persone, ci siamo avvicinati all'auto e abbiamo visto che c'era sangue dappertutto. Dentro la macchina c'era un ragazzo sul lato guida, senza vita: un pezzo di guard-rail lo aveva colpito all'altezza dello stomaco».



Una scena agghiacciante, insostenibile per un padre di famiglia come Masiero, che distoglie lo sguardo e si accorge che c'è anche una ragazza riversa sul sedile. È Sandy Gorgato, 19 anni, di Villotta. Ed è era ancora viva. «Si muoveva, ma non riusciva a parlare - racconta Masiero - sembrava che il guard-rail avesse colpito anche lei». Ha i vestiti sporchi di sangue per le ferite causate dai vetri e dalle lamiere. La gente chiama il 118, sa che non c’è tempo da perdere, poi comincia a sentire una voce soffocata dal dolore: «Aiuto... aiuto...».



«All'inizio non ce n'eravamo accorti che c'era una terza persona», continua Masiero. È Eriseldo Gjini, il giovane che avrebbe compiuto 20 anni tra una settimana. «Non lo avevamo visto perché era finito sotto la macchina, che si era rovesciata - continua il testimone - Lo si sentiva dire "aiuto, aiuto", ma che potevamo fare?». Sono gli ultimi istanti di vita del ragazzo, che morirà prima dell’arrivo dell’ambulanza a causa delle gravi le lesioni subìte.



Mentre aspettano i soccorsi, alcuni residenti si mettono a dirottare il traffico prima che succeda un altro incidente. Notano che oltre la doppia curva maledetta, a qualche decina di metri, si è fermata una macchina. Scendono quattro giovani, tutti stranieri. Poco dopo arrivano altre auto e alla fine si formerà un gruppetto di una trentina di albanesi: tornavano tutti a casa dopo aver passato la serata in una discoteca di San Vito al Tagliamento.



Tra le primissime persone che portano soccorso c'è una ragazza: ha visto l'incidente con i propri occhi e agli agenti della Polstrada racconterà, così come ai presenti, che quella Golf l'aveva sorpassata poco prima della curva come «un missile». Un'altra residente, Anna Maria Restiotto, racconta della triste nomea di quel pezzo di strada: «La chiamiamo la curva maledetta. Le auto sfrecciano veloci, incuranti di chi abita in zona. E noi rischiamo la vita. C'è anche un attraversamento pedonale, ma gli automobilisti se ne fregano e invece di fermarsi accelerano. Vivo qui da trent'anni e di incidenti, anche mortali, ne ho visti molti».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 20:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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