Tangenti, bufera nel Pd: «Marchese
mente». E si riapre il "caso" Venezia

Lunedì 28 Luglio 2014
Rosanna Filippin e Giampietro Marchese
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VENEZIA - «Ma quali soldi dal Consorzio Venezia Nuova. Abbiamo dovuto fare un mutuo per pagare le elezioni regionali del 2010». Rosanna Filippin vuole allontanare qualunque sospetto dal "suo" Partito Democratico. "Suo", perché la testimonianza di Giampietro Marchese si riferisce proprio al periodo, il 2010, in cui le redini del partito erano nelle mani della vicentina, ora senatrice, eletta l'anno prima, con le primarie, a segretaria regionale dei democrat. Che ora sembra ributtare ogni responsabilità nell'altra parte del campo, nell'area del partito provinciale di Venezia che nel 2010 ha gestito in piena autonomia, con fondi propri, la campagna elettorale delle regionali.

L'ex responsabile amministrativo del Pd, ha raccontato ai giudici che nel 2010 ha ricevuto "in bianco", quindi regolari, 58mila euro dal Coveco (le cooperative "rosse" inserite nel Consorzio Venezia Nuova). A questa cifra, si sono aggiunti, stando sempre alla testimonianza di Marchese, altri 150mila euro, questa volta "in nero", sborsati sempre dal Coveco, tramite Pio Savioli, a fine campagna elettorale delle regionali per coprire le spese effettuate in eccesso. Di altri versamenti di cui ha parlato Giovanni Mazzacurati, l'allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Marchese non sa nulla.

Di certo, quindi, ci sarebbero 150mila euro che, stando all'ex responsabile amministrativo del Pd, sarebbero entrati nelle casse del partito. «Falso - ribatte la Filippin - Quando sono arrivata alla segreteria del partito in cassa c'erano 150mila euro lasciati dal mio predecessore». Cioé, il padovano Paolo Giaretta che aveva traghettato la Margherita alla confluenza con i Ds e poi verso il Pd. Ma quella cifra? «Mai esistita - aggiunge l'ex segretaria democrat - Tanto che, per pagare le spese sostenute alle regionali 2010, abbiamo chiesto un prestito di un milione alle banche, con garanzie mie e dell'allora tesoriere Angelo Guzzo, e confidando nei rimborsi elettorali, che ancora non avevamo essendo il Pd alla prima esperienza elettorale, che sarebbero arrivati l'anno dopo. Il mutuo si estinguerà il prossimo anno. E sono disponibili tutti gli incartamenti, tutto registrato fino all'ultimo centesimo». Circostanza confermata dal successore della Filippin, il deputato bellunese Roger De Menech. «Quei soldi non ci sono mai stati - ripete il neo segretario - E dall'inizio della vicenda Mose abbiamo voluto marcare la discontinuità. Il partito ha di sicuro una responsabilità politica, ma io non c'entro con quelle cose, è un dovere marcare il confine come ha indicato Renzi».

Nessun commento di Michele Mognato, che a fine 2010 guidava il partito provinciale di Venezia, tirato in ballo dall'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. Dunque, la domanda resta: dove sono finiti i 150mila euro "in nero" di cui parla Marchese? Spiega la Filippin: «Le federazioni provinciali avevano piena autonomia nello svolgere la campagna elettorale, con fondi derivati dal tesseramento, e senza esborsi da parte del partito regionale. L'azione del partito locale, si affiancava a quanto i singoli candidati pagavano di tasca propria, se lo ritenevano necessario. Il partito regionale si occupava della campagna più in generale, con messaggi politici e il sostegno al candidato governatore». Un bel distinguo, tra "noi e loro"? «Sono i fatti. Mi resta anche l'amarezza per quanto mi ha detto Marchese appena scoppiato il caso: "Non è vero niente"».

Invece, ora sono arrivate le ammissioni dell'ex responsabile amministrativo del Pd. E riassumendo quanto raccontato dalla Filippin e da De Menech, ogni responsabilità giudiziaria sembra ricadere sulla gestione del partito in Laguna.
Ultimo aggiornamento: 12:47

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