L'operaio eroe racconta tra
le lacrime: «Volevo salvarli tutti»

Lunedì 22 Settembre 2014
L'operaio eroe racconta tra le lacrime: «Volevo salvarli tutti»
ADRIA - È stato l'unico a non perdere la testa, mettendo la maschera di protezione, e il suo atto di coraggio ha salvato la vita ad almeno uno degli operai della Co.Im.Po di Adria. Ma ripensando ai 4 compagni falciati dalla nube di anidride solforosa non sa trattenere le lacrime Rossano Stocco, un omone di 52 anni, che in passato ha portato la divisa da carabiniere.







«Volevo salvarli tutti...» fa in tempo a dire ai cronisti che aspettano l'uscita dell'operaio-eroe. Poi i carabinieri lo prendono sotto braccio. Le indagini sono appena iniziate, la sua testimonianza va cristallizzata. Stocco non riuscirebbe ad aggiungere altro. Sale sulla sua jeep, appoggia le braccia e il volto sul volante e inizia a singhiozzare. Un suo compagno di lavoro, Massimo Grotto, 47 anni, deve la vita a lui, che l'ha trascinato a forza quando era a terra già privo di conoscenza. Se l'è vista brutta anche Sandro Barchi, 48 anni, il primo pompiere entrato nell'impianto, che ha accusato un problema alla maschera di protezione. «Mi è mancato il respiro - racconta - Temevo di soffocare, di aver inalato troppo acido, e ho dovuto tornare indietro per mettermi in salvo». Lui e i suoi compagni hanno capito che per i quattro operai a terra c'era poco da fare: «erano bluastri, si intuiva che erano già morti, - prosegue Barchi - e che avevamo solo pochi secondi a disposizione».



C'è un silenzio irreale dopo l'incidente in questa campagna che pare un 'far west' nostrano, campi di mais e di soia a perdita d'occhio. Da qualsiasi parte si butti lo sguardo spuntano sempre le tese basse rosso mattone dei capannoni della 'Co.Im.Po', una ex stalla trasformata in mega impianto di trattamento rifiuti. Ma i 500 abitanti di Cà Emo, la frazione di Adria epicentro dell'incidente, vedono oggi con ostilità l'azienda. «Quattro? sono quattro i morti? Non possono crederci - sbotta Claudio, la casa a poche centinaia di metri dalla fabbrica - Si doveva arrivare a questo per capire cosa c'è qui? In tutti questi anni abbiamo fatto proteste, scritto all'Usl, all'Arpav, a tutti quanti. Per cosa? Perché si arrivasse a questa tragedia...». «



Solo reflui urbani no - aggiunge un altro residente - lì dentro trattano di tutto, fanghi industriali e altro, e la puzza insopportabile ti accompagna tutto l'anno». La moglie del signor Claudio stamane stava acquistando il pane dal fornaio, quando ha sentito arrivare la zaffata pestilenziale dalla Co.Im.Po e istintivamente si è coperta la bocca con le mani. Proteste e segnalazioni, secondo gli abitanti di Cà Emo, non sono mai servite a niente. Adesso il piccolo paese piange le quattro vittime. Il sindaco di Adria, Massimo Barbujani, ha proclamato il lutto cittadino, ma parlando dell'azienda va con i piedi di piombo. «Una tragedia immane - dice - provocata da una serie di concause poco immaginabili. Il lutto che si abbatte su di noi ha origini in un'azienda ventennale che pur trattando materiali delicati mai aveva avuto problemi, una ditta sempre monitorata». Non la pensano i residenti di Cà Emo, alcuni dei quali - nell'anomimato - sostengono che interessi economici sono stati portati avanti sopra le loro teste. Le cose ultimamente non andavano benissimo neppure nell'unico sito produttivo della zona. L'azienda, spiega Davide Benazzo, della Cgil, aveva chiesto «la procedura di cassa integrazione, perché con la crisi c'era stata una riduzione degli appalti». Impensabile per molti, tuttavia immaginare che in questo impianto isolato nei campi, pretenziosamente affacciato su via 'America', potesse arrivare la tragedia delle morti sul lavoro, che finora a Cà Emo aveva sentito solo in tv.
Ultimo aggiornamento: 23 Settembre, 10:10
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