TREVISO Tra Italia e Congo scoppia il giallo dei visti e i coniugi Morandin, la coppia di trevigiani da oltre un mese bloccata a Kinshasa in attesa di poter tornare a casa con il figlio adottivo di 14 mesi, rischiano seriamente di diventare dei clandestini.
La vicenda sta prendendo una brutta piega.
Quello di Marco e Francesca, per esempio, è scaduto e i due temono che da un momento all'altro la Polizia di Frontiera li costringa a lasciare il paese senza il bambino. Nei giorni scorsi si sono rivolti con urgenza a Floriana Casellato, deputata del Pd, trevigiana come loro, chiedendole una mano. E la Casellato, giovedì, ha garantito che i visti erano stati riconfermati. Ma ai due trevigiani in Congo risulta l'esatto contrario: a loro nessuno ha confermato proprio niente. E la paura di doversene andare senza quel bambino tanto atteso, desiderato e ormai diventato parte integrante della loro famiglia, è sempre più grande.
La Casellato ribadisce che le autorità congolesi continuano a ripetere che per gli italiani non ci sono problemi: «Forse sarà una difficoltà di comunicazione tra le ambasciate», ipotizza. Me le versioni contrastanti abbondano e la confusione regna sovrana. Richard Muyej Mangez, ministro dell'Interno congolese, dal canto suo conferma solo che il visto di alcune coppie è stato rinnovato, mentre per le altre si valuterà caso per caso. Marco e Francesca intanto restano in attesa. Ma di una cosa sono sicuri: faranno di tutto per non riportare il loro bambino nell'orfanotrofio da dove l'hanno strappato.
La questione delle adozioni in Congo si è trasformata in un vero e proprio intrigo internazionale che stritola le speranze delle famiglie italiane imprigionate in un limbo da cui non riescono a uscire. Nessuno le obbliga a rimanere a Kinshasa, come sottolineano le autorità congolesi, nessuno limita la loro libertà. Ma i loro bambini non possono lasciare il paese perché il Congo ha bloccato per un anno tutte le adozioni internazionali. E il ministro Mangez ha spiegato il perché ai vari ambasciatori: il Congo ritiene che alcuni bambini siano poi stati abbandonati o ceduti, per non dire «venduti», a coppie gay.
A Roma il ministro degli Esteri Emma Bonino ha a sua volta convocato l’ambasciatore del Congo denunciando il mancato rispetto degli accordi verbali. La situazione però non si sblocca.