I mestieri spariti a Venezia
«Colpa di chi lavora in nero»

Lunedì 1 Settembre 2014 di Paolo Apice
I mestieri spariti a Venezia «Colpa di chi lavora in nero»
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VENEZIA - Crisi e concorrenza sleale degli abusivi minano la già fragile economia della città storica. Questa volta l’allarme arriva dagli operatori del legno: i falegnami e i restauratori aderenti a Confartigianato esprimono tutta la loro preoccupazione per la dimensione esponenziale che sta caratterizzando l’aumento del fenomeno del “lavoro nero”.



«Aziende completamente sconosciute al fisco che operano in maniera illegale, danneggiando seriamente quegli imprenditori che invece rispettano le regole e che sono costretti ai tanti adempimenti burocratici e a subire una tassazione da capogiro – afferma il presidente del settore Legno di Confartigianato Venezia, Damiano Nardin – e questo è ciò che risulta dalla inchiesta attivata dalla nostra associazione, dove risulta che particolari tipi di lavoro cosiddetti “stagionali”, vedi la ripulitura di infissi, il montaggio di vetrocamera, il posizionamento di parquet, e piccoli lavori di tappezzeria non vengono più eseguiti da ditte in regola ma da chi opera nell’ombra. Anche i lavori di montaggio e smontaggio mobili (traslochi e piccoli lavori di falegnameria) vengono oramai eseguiti quasi totalmente da questi personaggi, che ovviamente possono permettersi tariffe molto più agevolate e tali da invogliare i clienti in tempi di crisi a rivolgersi a loro».



«Raccontano alcuni nostri imprenditori – prosegue Nardin – che le tariffe applicate da chi lavora in nero oscillano fra i 10 e i 20 euro l’ora. Se pensiamo che quelle applicate da chi lavora regolarmente vanno dai 25 ai 35 euro l’ora (con oltre il 50% del ricavato che finisce in tasse), si comprende benissimo che i cosiddetti “regolari” guadagnano molto meno degli irregolari, sobbarcandosi fra l’altro un rischio di impresa elevatissimo».



«Chiediamo allora con maggior forza – conclude il presidente Nardin - l’effettuazione di maggiori controlli da parte di coloro che sono preposti a queste funzioni, perché se si continua con questo andazzo si portano alla morte un intero settore produttivo. Troppo facile effettuare solo controlli sulle aziende regolari e magari emettere verbali per alcune sciocchezze; perché non si interviene sulle “aziende irregolari”, che a guardar bene non si nascondono nemmeno molto?».



E dopo si chiedono i dirigenti di Confartigianato: «quando le nostre imprese avranno chiuso definitivamente i battenti, chi spremerà lo Stato per pagare i suoi debiti?». Il fenomeno in provincia di Venezia non risparmia nessuno: certo è che la città storica sta probabilmente pagando il prezzo più alto dal momento che si continua a registrare ormai da decenni un vero e proprio stillicidio di imprese.



«I numeri - allarga le braccia Gianni De Checchi, segretario di Confartigianato Venezia - sono quelli del Registro Imprese della Camera di Commercio e ci dicono che per quanto riguarda i falegnami e serramentisti operanti nella Venezia insulare siamo passati dalle 191 imprese del 1963, alle 87 del 1992, alle 28 di oggi. In 50 anni il 90% dei falegnami ha chiuso i battenti". Numeri incontrovertibili che si commentano da soli».
Ultimo aggiornamento: 17:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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