Asse Renzi-Obama «Basta con il rigore»

Giovedì 14 Agosto 2014
ROMA - Un lungo incontro a Castelporziano con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per fare il punto sulla delicata situazione economica - il comunicato del Quirinale parla di «ampio scambio di vedute sul programma di azione del governo e sulla situazione internazionale» - è stato per il premier Matteo Renzi l'apice di una giornata iniziata con un blitz ai cantieri dell'Expo di Milano e un veloce ritorno nella capitale per salutare Papa Francesco in partenza per la Corea del Sud. Al capo dello Stato il presidente del Consiglio ha illustrato anche i capisaldi della riforma della giustizia (in Consiglio dei ministri il 29 agosto) e i principali provvedimenti in gestazione su economia e lavoro.
Il tutto a soli tre giorni dalla telefonata tra il premier e Barack Obama e all'indomani dell'incontro di due ore, che doveva restare segreto, tra Renzi e Mario Draghi, presidente della Bce, nella tenuta umbra di quest'ultimo. Obama, Draghi, Napolitano: un filo rosso sembra legare questi tre colloqui avuti dal premier Renzi a distanza ravvicinata. Il filo rosso sono le perplessità comuni, a partire da quelle dell'amministrazione americana, sulla linea economica di austerity perseguita da Bruxelles sotto dettatura della Germania. Una convergenza di interessi che potrebbe portare allo scoperto, fin dal prossimo settembre, un fronte contro il modello di crescita tedesco basato sul rigore e sull'euro forte. Anche perchè tutte le economie europee soffrono: lo confermano le nuove difficoltà della Francia. E la flessibilità nei conti è proprio l'ossigeno di cui ha bisogno il governo italiano per portare avanti il suo programma. Renzi e Obama si incontreranno presto a Cardiff al vertice Nato e poi a New York.
Sulle riforme, il premier martedì ha rassicurato Draghi: spingo «come un forsennato», a settembre si entrerà nel vivo di capitoli importanti e si metteranno al sicuro i conti con la legge di stabilità. D'altra parte la Bce, vuole essere sicura che l'Italia proseguirà sulla via del risanamento, prima di intervenire acquistando Bot e Btp.
Sull'incontro di martedì a Città della Pieve, in Umbria, nella casa di campagna dell'ex governatore della Banca d'Italia, non è trapelato alcun commento da Palazzo Chigi e dalla Bce finché non è stato lo stesso Renzi ieri a confermare: «Sì, ho visto Draghi, lo vedo spesso, era già tutto a posto da prima». La settimana scorsa il numero dell'Eurotower, per la prima volta, ha scandito parole di attenzione preoccupata per lo stato delle riforme dell'Italia, nello stesso discorso in cui auspicava la «cessione di sovranità» dei Paesi dell'Eurozona all'Ue per le riforme strutturali. Parole suonate alle orecchie italiane come un avviso di commissariamento. «Non è così, non siamo un osservato speciale in Europa - ha detto il premier - Non siamo nella situazione del 2011».
Con Bruxelles, per altro, un nuovo fronte aperto è quello dei fondi Ue. Ieri è stata diffusa la lettera della Commissione europea in cui, ad inizio estate, ha rinviato a settembre il piano italiano di programmazione della spesa. Senza un accordo rischiano di saltare 40 miliardi di fondi della Comunità. Ma Renzi nega questa eventualità: «I fondi europei l'Italia negli ultimi decenni li ha spesi peggio di come avrebbe potuto ma ora stiamo affrontando le difficoltà». E, conferma il sottosegretario Graziano Delrio, le stiamo risolvendo: «Siamo prossimi alla chiusura dell'accordo di partenariato, a settembre» assicura dopo che anche Bruxelles aveva gettato acqua sul fuoco.

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