L'ARRESTO dell'ex doge

Mercoledì 23 Luglio 2014
L'era dei Dogi è finita, sentenzia Roger De Menech, deputato e segretario del Pd del Veneto. Con il via libera all'arresto di Giancarlo Galan, si è chiusa «l'epoca» che dagli anni Novanta al 2010 ha visto un uomo solo al comando, incontrastato padre-padrone del governo del Veneto, dove non si muoveva foglia se non lo diceva il Doge. Un "titolo onorifico" assegnato anche a Carlo Bernini a Gianfranco Cremonese, ultimi eredi della Dc, e al forzista Galan. Tutti hanno caratterizzato il Potere, salvo, poi, cadere, a vario titolo, nella rete della giustizia.
La compagnia si allarga oltre i confini regionali. Il lombardo Formigoni, il campano Bassolino, il ligure Burlando, l'emiliano Errani sono stati l'emblema della forte rappresentanza della Regione amministrata. Un ruolo che a tutti è costato caro, con le obbligate dimissioni oppure con la mancata riconferma alla carica di governatore. Il Potere logora chi ce l'ha? Vanno distinte le vicende giudiziarie con quelle che hanno caratterizzato la gestione della cosa pubblica. Ovvio. Ma il confine è labile. Per Paolo Feltrin, politologo e docente all'università di Trieste, «i governatori degli ultimi 20 anni sono stati il frutto della ventata regionalista iniziata dopo Tangentopoli del '93». Le Regioni sono state caricate di un ruolo inedito fino ad allora, diventando una sorta di "chiave di volta" per risolvere i problemi del Paese. Autonomia e federalismo all'esasperazione. Ora, le vicende giudiziarie che interessano governatori in carica o ex, fanno dire a Feltrin «che per le Regioni è il momento più basso della loro cinquantennale storia». Anche perché a Bruxelles, dall'iniziale Europa delle Regioni, si sta passando a quella delle Nazioni. Addio ruolo politico, alle Regioni resta la funzione di attuatore del decentramento amministrativo.
In tutte le regioni, con l'onda dell'autonomia, i presidenti sono stati lo snodo dei grandi affari, perché legittimati dall'elezione diretta e dalla mancanza di un limite ai mandati, ora previsto. E quasi tutti hanno avuto a che fare con i giudici.Sono le toghe ad essere anti-politica? Difficile. Piuttosto, imprenditori, legislatori, amministratori, partiti dovrebbero dare risposte a tre domande. La sintesi di Feltrin: è trasparente il sistema del finanziamento ai partiti?; forse c'é qualcosa di strano nel sistema degli appalti (lo dice anche il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, nell'accusa a Galan)?; non manca la conoscenza, da parte dell'amministratore pubblico, della reale definizione dei prezzi base per gli appalti, tanto che ogni volta pare che qualcuno se li aggiudichi a caso?
Con la vicenda Galan è finita l'epoca dei Dogi e delle Regioni con forte potere di confronto con lo Stato? Stando all'attualità, la riforma del Titolo V della Costituzione voluta da Renzi, riporta al centro molte competenze ora in coabitazione. Ma non c'é una causa effetto, per Daniele Marini, direttore scientifico del centro studi Community Media Research: «Il riordino istituzionale non deriva dal malaffare, ma dal venir meno delle mancate risposte date ai territori da parte di chi li governa». Politicamente «veniamo da una lunga stagione di ForzaLeghismo, caratterizzata dalla duplicazione in chiave regionale del governo nazionale, favorevole, quest'ultimo ad esaltare il ruolo della gestione dei territori». Con le ultime "mazzette", è iniziata a calare la forza che alimentava le autonomie regionali e comunali. La causa? «L'incapacità delle forze politiche e istituzionali di autoriformarsi».
Eppure, qualcosa di positivo anche Galan può segnarlo nel "capitolo successi": Passante, il Mose stesso che lo ha portato in carcere; avvio della Pedemontana; lo scontro con Roma sorda alla voglia di fare in proprio del Veneto. «Liberandosi dai sentimenti - concorda Feltrin - è il giudizio storico a dare i "voti"».
Di sicuro, il caso-Galan segna uno spartiacque anche politico, per Forza Italia e il centrodestra. «La potenza del ruolo dell'ex governatore - ragiona Marini - ha iniziato ad affievolirsi da quando ha lasciato la Regione, con conseguente calo elettorale del Pdl per il venir meno del coagulo periferia-partito nazionale». Non così la Lega, che in tempi rapidi ha saputo rigenerarsi grazie alla capacità di avere "costruito" chi potesse sostituire la vecchia guardia. Questo è il neo che identifica l'era dei governatori targati Fi-Pdl: l'accentramento del Potere e la presunzione che mai ci sarebbe stato bisogno di un successore, quindi era inutile crearlo.
Cosa sarà di Forza Italia? Per Marini tutto il sistema politico è in subbuglio. Anche in Veneto «non è automatico che l'affermazione del Pd alle elezioni europee determini un ribaltone alle regionali del 2015». Sono troppe le variabili per definire il domani del centrodestra in termini di alleanza. Per Feltrin, va messo in conto che Fi abbia bisogno «di una nuova traversata del deserto» come già avvenuto a fine anni Novanta. In fondo «il bipolarismo genera ciclicamente la necessità di rigenerarsi».
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