L'ultima speranza della vedova: trovare il figlio

Martedì 2 Settembre 2014
Ogni chiamata potrebbe essere quella buona, quella che le dà notizie del bambino. È per questo che risponde sempre Lidia Solano Herrera, vedova di Ismar Mesinovic, il combattente bosniaco di 36 anni che era residente nel Bellunese, ma che è morto in Siria ai primi di gennaio. Con lui in Siria ci era arrivato in macchina anche il figlioletto di 2 anni nato a Belluno (ne compirà 3 il 4 settembre) del quale non si sa più nulla e per il quale la madre è in pena. Ma qualcosa si è acceso, una piccola speranza nella donna di rivedere il figlio visto che del caso dopo mesi di silenzio si torna a parlare. È tornato d'attualità, in questi giorni in cui la storia di Mesinovic è al centro dell'inchiesta sui reclutatori di combattenti che è partita proprio dagli ambienti frequentati dal bosniaco. L'uomo era partito nel periodo natalizio per andare e trovare i parenti in Germania e in Bosnia. Il 20 dicembre 2013 la moglie parla con lui e con il bambino: da allora più nulla. Ai primi di gennaio le foto che lo ritraggono ormai morto, insieme a altri combattenti, perito forse per mano di un cecchino. Da lì subito le ricerche del bambino: da parte della moglie e dei parenti bosniaci che si sono anche rivolti a un quotidiano locale. Le ultime notizie parlavano di due donne bosniache che avrebbero preso in carico il bambino in Siria. Poi la notizia di questi giorni con la donna bosniaca, tra i reclutatori. Le due cose sono state incrociate e le speranze della mamma residente a Ponte nelle Alpi, di rivedere vivo il piccolo Ismail David si sono riaccese.
Ma il bambino e anche tutti gli amici di Ismair Mesinovic, che la donna ha sempre detto di non conoscere, sembrano volatilizzati. I parenti, dei quali ancora c'è traccia su Facebook, non rispondono alle domande. Nessuno degli amici del combattente bosniaco, risponde. Nemmeno il giornale in Bosnia che un tempo si era occupato della sua storia ne parla più. Tutti vogliono dimenticare. Ma non la sua mamma.

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