LA LEGGE finanziaria

Venerdì 28 Novembre 2014
ROMA - Matteo Renzi oggi, con un tour in quatto aziende del sud, da Catania ad Avellino, difenderà il suo Jobs Act tra lavoratori e imprenditori. Perché, nonostante le tensioni parlamentari sulle riforme e la guerra aperta da Cgil e Uil, il premier non ha intenzione di cambiare tempi e sostanza della sua agenda di governo. «Dopo anni di melina, pantano e sabbie mobili finalmente facciamo le riforme», è la sfida aperta da Renzi. La fronda della minoranza dem è sugli scudi, non vota il Jobs Act e lancia avvertimenti sul rebus Quirinale? «Affari loro, io rispondo ai lavoratori e ai cittadini», taglia corto Renzi. I sindacati scendono in piazza e lo accusano? «Vedo che ogni sera sono in tv ad esprimere valutazioni su tutto, evidentemente, abbiamo restituito ragione di combattività al sindacato», dice sarcastico rimarcando che «la riforma del lavoro sta dando più diritti a quelli a cui il sindacato, in questi anni, non ha parlato, a quelli di cui non si è occupato nessuno». Per il premier, al di là delle riforme, il problema è la mentalità, molto italiana e diffusa tra i media, di «dare l'Italia per spacciata». «È frustrante sentirsi dire che l'Italia è il paese dove le cose on si possono fare», dice davanti ad allievi e generali della Guardia di Finanza, assicurando una guerra, con i fatti e non con le parole, all'evasione fiscale e «ai furbetti». Ma chiedendo alla Pubblica amministrazione un cambio di mentalità che faccia della «semplificazione» la chiave del rapporto tra Stato e cittadini. D'altra parte, nonostante i molti ostacoli e la difficoltà di mettere d'accordo opposizione e minoranza Pd, il premier resta decisissimo ad approvare la legge elettorale entro gennaio. «Non per chiudere la legislatura ma per dotare l'Italia di istituzioni e un sistema elettorale efficiente», assicurano i fedelissimi del premier.
Il premier attacca li evasori: stangarli è una lotta «sacrosanta», afferma. Anche perché i «furbi» finiscono per essere un peso proprio per chi invece, correttamente e con sacrificio altissimo ormai, le tasse le paga fino all'ultimo cent.
Matteo Renzi approfitta dell'intervento all'inaugurazione dell'anno accademico della Scuola tributaria della Guardia di finanza per ribadire che il fisco sta cambiando passo, affiancando e accompagnando il cittadino, ma non molla sulla lotta all'evasione, e in questa ottica sarebbe «incredibile» se la Ue bocciasse le nuove misure introdotte dall'Italia con la legge di Stabilità sulla reverse charge contro l'evasione dell'Iva.
Per il premier sono «impressionanti» i numeri dell'evasione fiscale, «91 miliardi, quasi 6 punti di Pil» che vanno recuperati il più possibile anche perché, sottolinea il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, «le ingenti risorse» sottratte al fisco dagli evasori potrebbero invece andare al taglio delle tasse, alla tenuta dei conti pubblici e anche a interventi in direzione «dell'equità sociale». Per il titolare di Via XX Settembre peraltro, l'evasione sfavorisce gli onesti, distorce il mercato, ed è collegata a corruzione e criminalità organizzata. È il momento allora, affonda il premier, di «stangare in modo definitivo chi viola le norme, e lo fa in modo inaccettabile» mettendo in campo però «regole più semplici». È «frustrante - aggiunge Renzi - sentirsi dire che l'Italia è il paese dove le cose non si possono fare, da anni i primi ministri assicurano la lotta all'evasione che va fatta e non detta. Ma saremo credibili se si parte dall'idea che l'Italia non è spacciata, non è in mano ai furbi o di chi dice tanto non ce la facciamo». Per cambiare davvero serve però «onore e disciplina» da parte di tutti, «partendo da chi ha incarichi di governo fino al cittadino comune, vero eroe della quotidianità».

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