Manovra, Regioni divise Chiamparino: trattiamo

Domenica 19 Ottobre 2014
ROMA - Spunta anche la rivolta fiscale nell'acceso dibattito sulla manovra 2015. Le Regioni si dividono tra quelle pronte al confronto «anche oggi» ed altre che invece rispolverano proprio il tante volte evocato (e mai fatto) sciopero delle tasse. Mentre il governo rimanda ai «prossimi giorni» un incontro con i presidenti delle Giunte regionali. Tutto questo mentre il testo continua ad essere "limato" e domani sarà presentato al Colle per poi essere trasmesso in Parlamento.
È il leghista Roberto Maroni, governatore della Lombardia, a chiamare anche i sindaci alla protesta: «Siamo pronti a fare la rivolta fiscale» contro una legge di stabilità che costringe ad aumentare le tasse o tagliare i servizi. La sortita di Maroni riapre uno scontro che sembrava attenuarsi dopo le parole di Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni, che apriva alla trattativa («sostengo Renzi, sta facendo le cose giuste») mettendo in campo una contro-proposta dei governatori che punta a modificare la ripartizione dei tagli (4 miliardi), pur accettando di lasciarne invariata l'entità. D'altra parte, il governo concede pochi margini per una riduzione: possiamo rimodulare - dice - ma il saldo deve rimanere quello. Lo stesso premier, Matteo Renzi, sottolinea che, a fronte di una manovra così ampia, solo le Regioni hanno protestato. «Siamo pronti al confronto - aggiunge Renzi senza far sconti - ma si deve partire dagli sprechi delle Regioni e non scaricare i tagli sui cittadini». Nel frattempo, anche i Comuni stanno imboccando la strada della mediazione con i ministri e chiedono un incontro per «far valere considerazioni e proposte».
A Bruxelles, intanto, procede a ritmo serrato l'analisi dei contenuti della legge. Secondo alcune fonti, potrebbe partire ad inizio settimana una lettera "tecnica" per Roma allo scopo di acquisire chiarimenti preventivi in vista del giudizio sulla legge di stabilità, in arrivo il 29 ottobre.
L'esame della manovra quest'anno inizierà alla Camera: il testo "base" arriverebbe qui al più tardi martedì, quindi, una volta assegnato alla commissione competente (Bilancio), comincerebbero le audizioni. La trattativa sta a cuore a tutti. Le Regioni, in molti casi impegnate a ristrutturare i propri bilanci ed a contenere le spese sanitarie, tirano in ballo gli sprechi e le inefficienze delle amministrazioni centrali. E paventano la necessità di tagliare servizi importanti come sanità e trasporti. Anche i Comuni temono di trovarsi nelle condizioni di dover aumentare le imposte locali.
Ma diversi ministri, in testa Poletti (Lavoro) e Lupi (Trasporti), ricordano che i dicasteri uno sforzo notevole di risparmio lo hanno già fatto. Da parte sua, il presidente delle Regioni, Chiamparino, dopo le forti prese di posizione contro l'intervento del governo, spiega ora che «non ci interessa avere visibilità politica. Siamo animati dalla volontà ferrea di trovare un'intesa. Ma sarebbe meglio spostare il carico dagli enti locali ai ministeri». Insomma la manovra potrebbe andare, purchè rivista e purchè siano le Regioni stesse a decidere dove far calare la mannaia. Replica Poletti: «Ognuno deve fare la propria parte». Lupi scende più in dettaglio e riferendosi al trasporto locale aggiunge: «A me sta a cuore il fatto che così non si può andare avanti con 1.100 aziende di cui il 70% in perdita». I sindacati continuano a esprimere dubbi: Susanna Camusso (Cgil) critica l'operazione Tfr-aumento delle tasse sui fondi previdenziali, nodi su cui il Parlamento sta già studiando "migliorie".

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