Nonno trascina nella morte il piccolo nipote ammalato

Lunedì 13 Ottobre 2014
Li hanno trovati uniti in un abbraccio di amore e di morte. Il corpo del nonno galleggiava a pelo dell'acqua del canale, supino, quasi a voler proteggere il piccolo corpo seminascosto che teneva attaccato al petto, sotto di sè. Una mano del bambino stringeva la nuca dell'uomo, forse nell'ultimo tentativo di trovare un'ancora di salvezza. Poveri, inanimati, corpi nella corrente del canale Adigetto, portati verso valle in un pomeriggio di quiete apparente, nella campagna polesana.
L'argine verde alla periferia di Lendinara è stato il teatro di una tragedia familiare che lascia sgomenti, generata dalla diversità di un piccolo nato con una malattia rara. Anche se la dedizione dei suoi genitori aveva cercato di trasformare il dolore in un'esperienza umana ricca, coinvolgente, consapevole della sofferenza e della bellezza della vita, quella piccola esistenza è stata spezzata in modo traumatico. Difficile pensare a una morte per annegamento, conseguenza di un incidente. Il nonno ha trovato dentro di sè il coraggio tremendo di uccidere e di morire, forse per mettere fine a una situazione talmente faticosa da parergli insostenibile. Nessuno saprà mai come ha maturato il suo gesto, non ha lasciato nulla che possa spiegarlo. Non c'è che la cruda ricostruzione di cos'è accaduto.
Via San Lazzaro Alto, a un chilometro dal centro di Lendinara, costeggia il canale Adigetto, che proviene da Badia Polesine. La pista ciclabile corre sull'argine tamponato da una massicciata in cemento. È un luogo adatto per le passeggiate domenicali, ma anche un percorso per podisti. Sono due persone ad accorgersi dei corpi nell'acqua. In quel punto tra le due sponde ci sono cinque-sei metri di distanza, l'acqua corre qualche metro sotto la strada stretta. Uno dei due attira l'attenzione di Nicola Pavan, 38 anni, che sta correndo. Non c'è solo il corpo di un uomo anziano, dall'acqua affiora anche il braccio di un bimbo.
Scatta l'allarme, ma passano una decina di minuti prima che arrivino carabinieri e vigili del fuoco. Questi ultimi faticano a entrare nella stradina con il camion che trasporta un gommone. Intanto i due corpi seguono il corso della corrente. I giovani che li hanno trovati cercano di non perderli di vista. In quel punto non ci sono arbusti o alberi che nascondano la visuale. Quando arrivano i soccorsi, il nonno e il nipotino si sono avvicinati a un'ansa del canale. Èlì che i carabinieri raggiungono i corpi e li traggono a riva.
Il riconoscimento è penoso. Perché un allarme era già scattato dalla famiglia di Danillo Giacometti, 73 anni, in via Mosca, a un chilometro di distanza. L'uomo era uscito assieme a Davide, il nipotino di cinque anni, affetto dalla sindrome di Angelman. Lo portava su un carrozzino perché altrimenti non sarebbe riuscito a compiere con il piccolo, che pure riusciva a camminare, un tale percorso. Non erano rientrati. La figlia di Danillo e il marito, Alberto Cappellini, comandante del distaccamento della Stradale di Badia Polesine, si erano preoccupati. È stato proprio Cappellini ad accorrere in riva al canale, quando già erano a arrivati carabinieri e pompieri. È stato lui a riconoscere il suocero e il nipotino quando li hanno adagiati in due casse, destinazione l'obitorio dell'ospedale.
È arrivato il pm Monica Bombana, poi il medico legale per la prima ricognizione, preludio dell'autopsia. La causa del decesso è evidente, morte per annegamento. Non ci sono tracce che possano far pensare all'azione di terze persone. Ma neppure quelle che sostengano l'eventualità di un incidente. Che ragione avrebbe avuto Danillo Giacometti di scendere dall'argine fino all'acqua se non aveva intenzione di gettarvisi assieme al nipotino? Appare improbabile che il bimbo sia scivolato, viste le sue modeste capacità di movimento, e che il nonno abbia cercato di salvarlo, morendo con lui. Non rimane che l'ipotesi di una scelta deliberata, tragica, approfittando dell'assenza dei genitori, Matteo e Angela, residenti a Spinea, che erano a Perugia. Dopo la nascita del secondogenito, che aveva manifestato i sintomi della malattia rara, si erano gettati anima e corpo nel volontariato per gli handicappati. Ieri una telefonata li ha avvertiti che Davide non c'era più. E neppure il nonno, che nell'acqua, forse, ha voluto proteggerlo da una vita senza speranza.
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