Renzi: prima il sì alle riforme Il voto per il Quirinale dopo

Giovedì 18 Dicembre 2014
Renzi: prima il sì alle riforme Il voto per il Quirinale dopo
ROMA - È fondamentale approvare la legge elettorale al Senato e la riforma costituzionale alla Camera prima che si apra la partita per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Davanti all'assemblea dei senatori Pd, Matteo Renzi indica l'obiettivo. E svela lo schema: sgombrato il campo dall'ipotesi del Mattarellum, si dà l'accelerazione decisiva all'Italicum 2.0. Per dissipare l'ombra del voto anticipato, il premier conferma anche la disponibilità a fissare una data differita per l'entrata in vigore della nuova legge. Ma Forza Italia rilancia: prima il voto per il Colle, poi le riforme. Non si accettano «ricatti o scambi», replica a muso duro il Pd, che si dice pronto ad «andare avanti» da solo, «forte dei numeri».
All'indomani del discorso davanti alle alte cariche dello Stato in cui Giorgio Napolitano ha ribadito l'urgenza delle riforme, il premier traduce la «determinazione riformatrice» del suo Pd in un impegno a "consegnare" al capo dello Stato, prima del suo addio, il via libera in seconda lettura a Palazzo Madama dell'Italicum e alla Camera della riforma costituzionale.
Sarà una corsa contro il tempo: una conferenza dei capigruppo, domani, dovrebbe mandare la legge elettorale in Aula il 22 dicembre (ma solo per un primo incardinamento, senza votazioni) o il 7-8 gennaio, per esser licenziata non oltre il 23 gennaio. Ma il percorso immaginato dal governo è tutt'altro che semplice, perché la commissione Affari costituzionali, sommersa da oltre 17mila emendamenti, a stento ha iniziato le votazioni e manderà in Aula il testo arrivato dalla Camera, senza mandato al relatore. A quel punto la partita si giocherà tutta lì, tra ostruzionismo («il numero degli emendamenti crescerà», promette Calderoli, che da solo ne ha presentati 15mila) e tagliole. In mattinata, al termine dell'assemblea del Pd, il percorso sembra praticabile. Anche perché Renzi sgombra il campo dal Mattarellum, «grimaldello» agitato dai senatori a lui vicini, e conferma che è disponibile a scrivere che l'Italicum entrerà in vigore non prima di una certa data, per escludere che lo si usi per votare nel 2015 (se si andasse alle urne prima, lo si farebbe con il Consultellum). È il segnale atteso da FI, per sbloccare lo stallo parlamentare. Ma l'intesa politica, destinata a dare la spinta finale alla legge, non è matura: poche ore dopo il segnale di Renzi, infatti, Renato Brunetta nella capigruppo della Camera prova a bloccare il percorso della riforma costituzionale chiedendo che prima si affronti il voto per il nuovo capo dello Stato. Il Pd con Roberto Speranza ottiene la calendarizzazione per l'8 gennaio, per poter approvare il testo, grazie ai tempi contingentati, nelle due settimane successive: «Nessuno scambio e nessun ricatto può essere accettato, i due piani sono ben distinti».
Anche in commissione al Senato, intanto, emerge il nervosismo di FI e dei senatori dei piccoli partiti della maggioranza, ai quali Renzi nega l'opzione dell'apparentamento al ballottaggio.
Dal Pd leggono l'alzata di scudi degli azzurri come la volontà di incidere sulla partita del Colle ma soprattutto spostare il più possibile avanti la data di entrata in vigore dell'Italicum, al centro di una trattativa tra vertici dem e "ambasciatori" di Forza Italia (si parla della primavera o del settembre del 2016). Non provino, però, i berlusconiani a frenare i tempi per l'ok alla legge elettorale: «Se FI o altri vogliono andare per le lunghe o fare melina - dicono dal Nazareno - il Pd andrà avanti lo stesso, forte dei numeri». Neanche tra i Democratici, però, il consenso appare blindato.

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