Salvini: il 14 novembre sciopero fiscale nazionale

Lunedì 21 Luglio 2014
PADOVA - Sciopero fiscale nazionale venerdì 14 novembre, «qualcosa di cui il mondo parli, tutte le persone che producono, lavorano e sono strangolate da Equitalia, dallo Stato ladro, da studi di settore, per un giorno dicono "oggi non pago", "non apro il negozio e se apro non rilascio lo scontrino", il taxista offre una corsa gratis, il medico devolve gli straordinari». È la dirompente iniziativa di protesta lanciata ieri dal segretario Matteo Salvini a Padova, al congresso straordinario della Lega Nord, che ha consacrato la sua leadership (cori da stadio, plauso unanime) a sette mesi dall'investitura a Torino, approvando la linea "movimentista" e confermando che il suo è un mandato pieno triennale (scadrà a dicembre 2016), non il prolungamento a giugno 2015 di quello del predecessore Roberto Maroni. D'altra parte in sette mesi Salvini, 41 anni, ha portato un Carroccio allo sbando al 6,5% nazionale (oltre il 7,5% secondo gli ultimi sondaggi). Adesso il leader modellerà il partito, staff, progetti, regole come alcune incompatibilità con incarichi nazionali. Con la benedizione di Bossi, che ieri, affaticato, ha parlato poco e si è ripreso un po' la scena con un curioso siparietto finale in cui sollecitava l'"erede" a chiudere il discorso.
La prossima scadenza elettorale sono le Regionali di marzo 2015 e in Veneto Salvini ha incoronato il governatore Luca Zaia: «Puntiamo su di lui, è il più amato d'Italia. Ma dobbiamo essere compatti». Il diretto interessato, dopo aver rivendicato che il partito «non è stato nemmeno sfiorato dalla scandalo Mose», è tornato a parlare di indipendenza del Veneto («abbiamo la legge, ma bisogna farla con serietà»), ha annunciato «un'offensiva verso il governo che non dà risposte». Cosa bolle in pentola? «Uno sciopero fiscale (diverso da quello annunciato da Salvini n.d.r.) - spiega Zaia - se da Roma continuano a non arrivare risposte. Qualche varco c'è dal punto di vista legislativo, ci stiamo lavorando. Non versare più le tasse a Roma, 600mila imprese prima devono pagare i loro lavoratori, stare sul mercato e poi dare risposte ad altri. L'Italia la manteniamo noi e vogliamo chiudere il rubinetto». Anche Zaia, come Flavio Tosi e come Salvini pensa che, sul piano politico, adesso per la Lega si aprano praterie: «Ci sono le condizioni per una tempesta perfetta, un'Europa che se ne lava le mani dell'immigrazione, un governo che va a Bruxlles solo a prendere ordini, un premier che non si vergogna a rappresentare l'Italia parlando l'inglese in quel modo». Condizioni favorevoli al Carroccio, come l'oggettiva scomposizione dell'area di centrodestra che segue la parabola di Silvio Berlusconi. Il segretario ha le idee chiare. Punto uno: l'economia e il lavoro. «Ci vuole uno choc, una rivoluzione fiscale: l'aliquota di tassazione al 20%, unica per ricchi e poveri, da Nord a Sud». Punto due: l'opposizione a Renzi. «"Fonzie" è pericoloso, antidemocratico fino al midollo. Nel nome della velocità e del risparmio sta facendo di tutto, una marionetta sorridente che fa i selfie, manovrata da Berlino, canta le canzoncine ai bambini a scuola, quelle maestre dovrebbero licenziarle». Siluri alla riforma del Senato: «Se la voti lui. Segue una deriva statalista - spiega Salvini - Renzi vuole cancellare il territorio, dai piccoli Comuni alle Camere di Commercio, in nome di finti risparmi. Con le organizzazioni di artigiani, commercianti ecc che tacciono per paura. Disprezza la diversità, impone un centralismo opprimente. La Lega è l'unica alternativa a Renzi».
La premessa di Salvini è che «centrodestra e centrosinistra non esistono più. Esiste chi difende i produttori e chi difende gli assistiti. La sinistra difende la grande finanza, noi proteggiamo i piccoli dagli avvoltoi. Per ora andiamo avanti da soli, chiunque voglia allearsi deve darci una mano sulle nostre proposte». E la questione delle primarie per scegliere il leader, chieste dal segretario veneto Tosi? Salvini di fatto le smonta: «Prima dei nomi, bisogna capire con quale progetto, se no dove vai? E con chi, con Alfano, quello del Mare Nostrum? Con gli azzurri che si iscrivono all'Arcigay?». E sui candidati: «Non sono all'altezza di fare il leader del centrodestra. Abbiamo gente con esperienza amministrativa che può farlo, Tosi, ma non solo lui. Di sicuro, chiunque voglia portare avanti questo progetto, deve avere come primo obiettivo la Lega». Poi il segretario, forse replicando ancora a Tosi, rimarca l'obiettivo Padania, il famoso articolo 1 dello Statuto, la ragione sociale della "ditta". Chiudendo il suo discorso alle 16, in una sala Papa Luciani rimasta strapiena, Salvini manda l'ultimo messaggio: «Non possiamo permetterci il nemico da dentro. Se qualcun altro vuol fare il segretario si faccia avanti, altrimenti il congresso ha scelto me. Se il 14 novembre c'è lo sciopero fiscale, si procede compatti. D'ora in poi chi non è d'accordo si confronti all'interno, non vada a dirlo ai giornali, altrimenti dico: stattene pure fuori».

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