ROMA -Le famiglie senza reddito da lavoro, dove chi cerca un impiego non lo trova, salgono ancora e nel 2013 arrivano a oltrepassare la soglia del milione. Dati Istat alla mano, la crescita nell'ultimo anno è stata pari al 18,3%, con altre 175mila finite nel gruppo che l'istituto di statistica classifica «con tutte le forze in cerca di lavoro». A soffrire di più, ancora una volta, è il Mezzogiorno, con 598 mila famiglie, dove coloro che sono forza lavoro risultano tutti disoccupati. Seguono il Nord, che ne ha 343 mila, e il Centro, con 189 mila. Ma il fenomeno avanza dappertutto, basti pensare che a confronto con due anni prima, l'aumento è addirittura del 56,5%.
In Parlamento, intanto, si respira un'aria pesante intorno al decreto lavoro. Dopo le modifiche in Commissione, il provvedimento approda oggi alla Camera accompagnato da forti polemiche. Oltre al no delle opposizioni (M5S e Forza Italia in testa), il governo deve fronteggiare anche i mal di pancia di Ncd e Scelta Civica che hanno maldigerito le correzioni volute soprattutto dalla minoranza del Pd. Nel fine settimana Palazzo Chigi ha lavorato per mediare, ma Matteo Renzi e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, considerano ormai blindato il testo che, entro il 19 maggio, deve convertire il decreto legge approvato a metà marzo. A costo di ricorrere alla fiducia. Ieri però ampi settori della maggioranza hanno tenuto alta la temperatura. «Il decreto nella versione originale ha polemizzato Fabrizio Cicchitto di Ncd - è un punto essenziale della strategia economica del governo e noi ci batteremo perché in aula venga ripristinato». Andrea Mazziotti di Scelta Civica ha rincarato la dose affermando che «gli emendamenti introducono vincoli burocratici e rischi di contenzioso per le imprese che andavano evitati». Al centro delle polemiche, in particolare, le modifiche relative ad apprendistato e contratto a tempo determinato. In particolare su quest'ultimo dossier, la riforma disegnata da Renzi aumenta da 12 a 36 mesi la durata massima dei contratti a termine per cui il datore non è obbligato a giustificare la ragione per la quale non assume a tempo indeterminato. Ebbene, il testo originario consentiva otto proroghe contrattuali rispetto all'unica permessa dalla riforma Fornero, mentre la commissione Lavoro le ha ridotte a cinque. Così per l'apprendistato: la riforma Poletti autentica non prevedeva nessuna condizione di assunzione per il datore di lavoro e cancellava l'obbligo del progetto formativo in forma scritta. Il nuovo testo introduce invece per le aziende oltre i 30 dipendenti l'obbligo di stabilizzare il 20% degli apprendisti prima di poterne impiegare ulteriori. Per le donne in gravidanza con contratti a termine di almeno sei mesi, inoltre, viene stabilito che la maternità sarà conteggiata ai fini del diritto di precedenza in caso di assunzioni a tempo determinato o indeterminato nei 12 mesi successivi alla scadenza del contratto.
In Parlamento, intanto, si respira un'aria pesante intorno al decreto lavoro. Dopo le modifiche in Commissione, il provvedimento approda oggi alla Camera accompagnato da forti polemiche. Oltre al no delle opposizioni (M5S e Forza Italia in testa), il governo deve fronteggiare anche i mal di pancia di Ncd e Scelta Civica che hanno maldigerito le correzioni volute soprattutto dalla minoranza del Pd. Nel fine settimana Palazzo Chigi ha lavorato per mediare, ma Matteo Renzi e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, considerano ormai blindato il testo che, entro il 19 maggio, deve convertire il decreto legge approvato a metà marzo. A costo di ricorrere alla fiducia. Ieri però ampi settori della maggioranza hanno tenuto alta la temperatura. «Il decreto nella versione originale ha polemizzato Fabrizio Cicchitto di Ncd - è un punto essenziale della strategia economica del governo e noi ci batteremo perché in aula venga ripristinato». Andrea Mazziotti di Scelta Civica ha rincarato la dose affermando che «gli emendamenti introducono vincoli burocratici e rischi di contenzioso per le imprese che andavano evitati». Al centro delle polemiche, in particolare, le modifiche relative ad apprendistato e contratto a tempo determinato. In particolare su quest'ultimo dossier, la riforma disegnata da Renzi aumenta da 12 a 36 mesi la durata massima dei contratti a termine per cui il datore non è obbligato a giustificare la ragione per la quale non assume a tempo indeterminato. Ebbene, il testo originario consentiva otto proroghe contrattuali rispetto all'unica permessa dalla riforma Fornero, mentre la commissione Lavoro le ha ridotte a cinque. Così per l'apprendistato: la riforma Poletti autentica non prevedeva nessuna condizione di assunzione per il datore di lavoro e cancellava l'obbligo del progetto formativo in forma scritta. Il nuovo testo introduce invece per le aziende oltre i 30 dipendenti l'obbligo di stabilizzare il 20% degli apprendisti prima di poterne impiegare ulteriori. Per le donne in gravidanza con contratti a termine di almeno sei mesi, inoltre, viene stabilito che la maternità sarà conteggiata ai fini del diritto di precedenza in caso di assunzioni a tempo determinato o indeterminato nei 12 mesi successivi alla scadenza del contratto.