Un milione di famiglie senza lavoro e la maggioranza litiga sul decreto

Martedì 22 Aprile 2014
ROMA -Le famiglie senza reddito da lavoro, dove chi cerca un impiego non lo trova, salgono ancora e nel 2013 arrivano a oltrepassare la soglia del milione. Dati Istat alla mano, la crescita nell'ultimo anno è stata pari al 18,3%, con altre 175mila finite nel gruppo che l'istituto di statistica classifica «con tutte le forze in cerca di lavoro». A soffrire di più, ancora una volta, è il Mezzogiorno, con 598 mila famiglie, dove coloro che sono forza lavoro risultano tutti disoccupati. Seguono il Nord, che ne ha 343 mila, e il Centro, con 189 mila. Ma il fenomeno avanza dappertutto, basti pensare che a confronto con due anni prima, l'aumento è addirittura del 56,5%.
In Parlamento, intanto, si respira un'aria pesante intorno al decreto lavoro. Dopo le modifiche in Commissione, il provvedimento approda oggi alla Camera accompagnato da forti polemiche. Oltre al no delle opposizioni (M5S e Forza Italia in testa), il governo deve fronteggiare anche i mal di pancia di Ncd e Scelta Civica che hanno maldigerito le correzioni volute soprattutto dalla minoranza del Pd. Nel fine settimana Palazzo Chigi ha lavorato per mediare, ma Matteo Renzi e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, considerano ormai blindato il testo che, entro il 19 maggio, deve convertire il decreto legge approvato a metà marzo. A costo di ricorrere alla fiducia. Ieri però ampi settori della maggioranza hanno tenuto alta la temperatura. «Il decreto nella versione originale – ha polemizzato Fabrizio Cicchitto di Ncd - è un punto essenziale della strategia economica del governo e noi ci batteremo perché in aula venga ripristinato». Andrea Mazziotti di Scelta Civica ha rincarato la dose affermando che «gli emendamenti introducono vincoli burocratici e rischi di contenzioso per le imprese che andavano evitati». Al centro delle polemiche, in particolare, le modifiche relative ad apprendistato e contratto a tempo determinato. In particolare su quest'ultimo dossier, la riforma disegnata da Renzi aumenta da 12 a 36 mesi la durata massima dei contratti a termine per cui il datore non è obbligato a giustificare la ragione per la quale non assume a tempo indeterminato. Ebbene, il testo originario consentiva otto proroghe contrattuali rispetto all'unica permessa dalla riforma Fornero, mentre la commissione Lavoro le ha ridotte a cinque. Così per l'apprendistato: la riforma Poletti autentica non prevedeva nessuna condizione di assunzione per il datore di lavoro e cancellava l'obbligo del progetto formativo in forma scritta. Il nuovo testo introduce invece per le aziende oltre i 30 dipendenti l'obbligo di stabilizzare il 20% degli apprendisti prima di poterne impiegare ulteriori. Per le donne in gravidanza con contratti a termine di almeno sei mesi, inoltre, viene stabilito che la maternità sarà conteggiata ai fini del diritto di precedenza in caso di assunzioni a tempo determinato o indeterminato nei 12 mesi successivi alla scadenza del contratto.