La fumeria dell'oppio nell'alloggio dell'agente penitenziario suicida

Sabato 22 Novembre 2014
Corrotti, privi di scrupoli e convinti di essere intoccabili. Gli agenti penitenziari coinvolti nell'inchiesta sullo spaccio al Due Palazzi si comportavano alla stregua di padreterni. Procuravano droga, cellulari, sim card e chiavette usb a chiunque ne avesse bisogno. Bastava tirar fuori i soldi. I traffici illeciti avvenivano alla luce del sole, in un clima di totale omertà e in assenza di controlli da parte delle autorità preposte. Pietro Rega e soci erano schiavi dello stupefacente e alimentavano l'attività di spaccio proprio per assicurarsi la cocaina e l'hashish. Il loro abituale luogo di ritrovo era l'alloggio di servizio di Paolo Giordano, l'agente che si è tolto la vita il 10 agosto tagliandosi la carotide con un colpo di lametta. Il suo appartamento si trasformava spesso in una fumeria di oppio. Giordano, costretto agli arresti domiciliari, sapeva che la sua posizione processuale si stava aggravando. E che le accuse a suo carico si stavano moltiplicando. Il 40enne originario di Cassino, meglio conosciuto come "Il Poeta", era il braccio destro di Rega. Poche ore dopo il suicidio avrebbe dovuto presentarsi nello studio del suo nuovo legale, l'avvocato Massimo Malipiero. Era stato proprio il penalista a dare l'allarme alla direzione del carcere. I colleghi avevano poi fatto la tragica scoperta. A distanza di una settimana era fissato il faccia a faccia con il sostituto procuratore Sergio Dini. Giordano si era confidato con gli altri indagati. Temeva il confronto con il magistrato.
Chi non aveva invece timori di sorta erano i colleghi Giandonato Laterza e Angelo Telesca, finiti entrambi ai domiciliari l'8 luglio scorso. In attesa della richiesta di rinvio a giudizio dovranno affrontare un'altra grana giudiziaria. Il pm Dini li accusa a vario titolo di tentata concussione, danneggiamento e furto. L'appuntamento davanti al giudice dell'udienza preliminare Margherita Brunello è fissato per il 19 marzo del prossimo anno. Le due guardie, assistite dalle avvocatesse Cristiana Rosano e Eleonora Danieletto, avrebbero compiuto un'autentica bravata. Il fatto risale al 25 ottobre 2013. Telesca, in evidente stato di alterazione da sostanze stupefacenti, avrebbe preso a calci il distributore automatico della tabaccheria di via Montà, provocando un danno di oltre 250 euro pur di impadronirsi di qualche pacchetto di sigarette. Laterza si sarebbe limitato ad osservare la scena. Finirà anch'egli sotto processo perchè, in quanto forza dell'ordine, avrebbe dovuto intervenire per evitare la commissione di un reato. I due erano stati successivamente riconosciuti da F.R., 41enne titolare della tabaccheria. La donna aveva sporto denuncia nei loro confronti. Contando sul suo ruolo di agente penitenziario, Telesca si sarebbe presentato un'altra volta nell'esercizio commerciale per indurla a ritirare la querela. E per chiudere rapidamente la questione le avrebbe consegnato una dichiarazione con cui la donna avrebbe accettato 190 euro a titolo di risarcimento del danno.

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