Con il parapendio sull'alta tensione

Lunedì 22 Dicembre 2014
«Ho visto che volteggiava col parapendio sopra l'azienda. Qui, in uno spazio a nord del nostro agriturismo, c'è infatti un vasto spazio erboso dove normalmente atterrano gli appassionati di questo sport, dopo essersi lanciati dal monte San Simeone». Il titolare della struttura ricettiva «Casali Scjs», non si preoccupa più di tanto. Sono le 14 e 30 del pomeriggio di una domenica non troppo fredda, con poco vento e piena di sole. Poi l'uomo, dopo aver sbrigato qualche faccenda in azienda, al coperto, esce di nuovo e guarda ancora in quella direzione: «Faticavo a crederci quando l'ho visto penzolare da un cavo dell'alta tensione. Il parapendio agganciato al filo e lui due metri più sotto, sospeso nel vuoto. Non lo nascondo: io e gli altri, qui, credevamo che fosse morto. Perché all'inizio vedevamo che muoveva le mani, un poco. Poi invece è rimasto fermo, immobile, a lungo. Forse era svenuto, magari per lo spavento, per il dolore o perché si era ferito. Forse era solo stanchissimo e non ce la faceva più a muovere un muscolo». Quella a cui assiste il titolare dell'agriturismo «Casali Scjs», una località che sorge a sud della cittadella medievale di Venzone, è una scena da film. Che per fortuna, incredibilmente, avrà un lieto fine. Protagonista un 28enne nato a Portogruaro e residente a San Vito al Tagliamento, Jonathan Foschiani, studente di medicina con la passione per il volo. Ieri raggiunge il San Simeone, a Bordano, per un volo di addestramento col parapendio. Con lui c'è, tra gli altri, anche il presidente dell'associazione che ha organizzato l'esercitazione, una realtà di Caltrano, piccolo paese in provincia Vicenza. Il 28enne si libra nell'aria ma poi qualcosa non va: «Forse voleva raggiungere il campetto più piccolo, a sud del nostro agriturismo - dice il titolare dell'azienda Casali Scjs -, ed è rimasto impigliato nei cavi della corrente». Penzolante, Jonathan lo vedono in tanti, da terra, a 30 metri di altezza. Gli chiedono come sta e capiscono che è vivo. Arrivano i soccorsi. Sono le 16. Ma non è facile tirarlo giù subito: i vigili del fuoco, col supporto dei tecnici di Terna e dei carabinieri, devono necessariamente togliere la corrente elettrica da un traliccio all'altro: un'operazione delicata, complicata, che richiede due ore di lavoro. Ma è necessario per aiutare il giovane senza mettere in grave pericolo la vita dei soccorritori. Toccarlo, infatti, significa restare fulminati, perché la corrente, in quel punto, viaggia a 130mila volt. Intanto cala il buio e per i pompieri tutto diventa più complicato. Jonathan resiste appeso per oltre tre ore. Attorno alle 18 viene tratto in salvo. È miracolosamente illeso: non un graffio, non un'abrasione. Il ragazzo raggiunge l'ambulanza a piedi e si fa controllare. Sta bene e prende la via di casa.
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