«Vietare la memoria? Sfregio alla libertà e a duemila morti»

Mercoledì 23 Aprile 2014
«Cosa avrebbe mai di tanto rivoluzionario e pericoloso Bella ciao da turbare l'ordine pubblico? Mi spieghino, quali sono i contenuti della canzone tanto destabilizzanti per la sicurezza tali da vietarla in piazza? Vorrei solo sommessamente ricordare a chi ha chiesto di bandire la canzone dalle celebrazioni del 25 Aprile che se anche a Pordenone oggi c'è la libertà è proprio grazie a chi ha lottato contro il nazifascismo e quella canzone cantava nell'aprile del 1945 quando la libertà è stata riconquistata». Il sanvitese Antonio Piasentin, 88 anni, ha combattuto da partigiano per liberare Pordenone e l'Italia. Nome di battaglia "Gallo", garibaldino nel battaglione "Pantera" della divisione partigiana unificata Ippolito Nievo. Una lotta la sua anche al prezzo di essere deportato in Germania. Oggi presiede la sezione dell'Anpi di San Vito ed è quasi incredulo di fronte alla decisione della prefettura.
Quasi settant'anni dopo la Liberazione ancora polemiche. Cosa sente di dover dire un partigiano?
«Posso solo ricordare, tenere accesa la memoria. I partigiani sono stati i primi a entrare a Pordenone per liberarla, il 30 aprile ci fui poi l'incontro con gli inglesi in viale Grigoletti. Ebbene chi aveva lottato per restituire la libertà allora cantava Bella ciao. Credo perciò possa essere considerata una sorta di inno alla Resistenza».
C'è chi sostiene che è una canzone solo di una parte?
«Ma quale parte? Eravamo tutti combattenti per la libertà. Eravamo giovani. Avevamo però scelto, dopo la barbarie nazifascista e dopo aver visto rastrellamenti, impiccagioni e deportazioni, da che parte stare: quella della libertà, senza etichette. Non conoscevamo la politica, quella venne più avanti. Nel mio attestato, firmato dal presidente Sandro Pertini, c'è scritto solo "combattente per la libertà". E la libertà è di tutti».
Ma i giovani forse oggi conoscono poco il passato.
«Proprio per questo anche una canzone può essere importante a servire a non dimenticare. Se la Provincia ha la medaglia d'oro alla Resistenza non è certo per merito del presidente Alessandro Ciriani che oggi vieta Bella ciao. Lui sa bene che per quella medaglia c'è stata una lotta di oltre venti mesi che ha causato duemila morti, tra partigiani e civili, sul territorio. Se a lui Bella ciao non piace se ne stia tranquillamente a casa. E le istituzioni non possono vietarla perché è la Provincia a chiederlo. Si può e si deve cantare».
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