«Io, "abusivo" da 100 euro al giorno»

Mercoledì 3 Settembre 2014
«Sono stufo di correre e di scappare. Vorrei una vita normale, ma non mi è data la possibilità di farlo».
La storia di Mike (il nome è di fantasia), senegalese di 37 anni, è simile a quella di moltissimi altri venditori abusivi che "esercitano" in città. Per lui, immigrato regolare, residente e con figli a scuola, vendere borse per la strada è solo un ripiego in attesa di trovare qualcosa di meglio. Attraverso il contributo audiovisivo di Stefano Soffiato e Manuel Tiffi di "Venessia.com", pubblicato sul sito del Gazzettino, cerchiamo di raccontare quella parte di vita che la gente non conosce.
Mike, quando senti parlare di "Vu cumprà" provi fastidio?
«Dipende da come uno lo dice. Lo vedi dall'espressione quando uno ti vuole offendere».
Da quanto tempo risiedi in Italia?
«Sono in Italia dal 1999 e sono arrivato in aereo con il visto. Avevo deciso io di venire in Italia perché qui avevo già i miei familiari».
Parla un po' di te.
«Abito a Mestre, sono sposato e ho tre figli, vivo in una casa in affitto e ho il permesso di soggiorno dal 2000. Mia moglie lavora, ma a chiamata. Io in Senegal avevo fatto le superiori e avevo cominciato a studiare Legge. Poi, per problemi familiari sono stato costretto a partire per l'Italia. Adesso faccio il venditore, ma in passato avevo lavorato in una fabbrica che poi ha chiuso. Ho poi lavorato all'aeroporto ma ero stagionale e non mi hanno più chiamato».
Hai precedenti penali?
«Mai avuti. Ho sempre voluto fare le cose nel modo giusto».
Sei stato fermato per la tua attività?
«Tantissime volte, ma visto che ho un'autorizzazione comunale poi mi lasciano andare. Io posso vendere le borse, non quelle di marca però».
Ma tanti tuoi colleghi le vendono, quelle false. Tu le vendi?
«Non le vendo pubblicamente, ma se qualcuno me le chiede so dove trovarle. Sono qua per vivere. Se non mi danno la possibilità di lavorare, io devo vivere e sfamare la mia famiglia. Mi dispiace».
A quanto comperi e a quanto vedi le borse?
«Dipende dalla forma e dal tipo. In media tra 10 e 15 euro. Le vendo per il doppio».
Da chi le acquisti?
«Questo non lo posso dire».
Si guadagna bene?
«Oggi posso guadagnare 80 o 100 euro in un giorno quando va bene, ma ci sono delle volte in cui vendo solo una borsa e poi devo scappare via».
Quando scappate spesso travolgete i passanti, a volte anche anziani e bambini. Vi rendete conto che è pericoloso?
«Noi scappiamo per salvarci e ci dispiace se qualcuno si è fatto male. Qualche volta è però colpa di vigili e polizia, perché se ci sono le strade piene loro devono trovare altri modi per fermare i venditori e non corrergli dietro».
Siete un gruppo organizzato di venditori? C'è qualcuno che decide dove dovete mettervi?
«No, andiamo ognuno per suo conto».
E i rapporti con altre etnie? Esiste un accordo che prevede la spartizione dei prodotti da vendere?
«È una scelta, perché non è vietato a nessuno di vendere una certa cosa. Non c'è un accordo. Ognuno fa ciò che vuole».
Vale la pena lavorare in questo modo?
«Non mi piace questo lavoro, ma lo faccio perché non trovo di meglio. Farei sicuramente qualcos'altro perché qui se mi faccio male e non posso vendere, cosa faccio per pagare l'affitto o per mantenere la famiglia? Io sono stufo e cambierei subito, ma finora nessuno mi ha offerto un lavoro normale. So vendere e conosco quattro lingue».
Oggi, comunque, siete davvero troppi e quando il Comune vi offrì il mercatino etnico in pochissimi accettarono gli spazi.
«Sai, tanti vedono il mercato etnico come un modo di discriminare la gente. Se si fa un mercato deve essere per tutti, non solo per africani o asiatici. Forse per quello tanti non hanno accettato».
Anche nei mercati non ci sarebbe posto per tutti.
«Quanti tassisti abusivi ci sono a Venezia? E quanti albergatori abusivi? In tutto il mondo ci sarà sempre gente che fa cose diverse dal normale. È normale che ci siano venditori abusivi».
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