Quando George Sand beveva il caffè "all'Italia" e passeggiava sotto le mura delle Grazie

Giovedì 2 Ottobre 2014
BASSANO - Il Caffè Italia è da sempre il biglietto da visita che Bassano porge a chi arriva da nord. Chi arriva per la prima volta a Bassano, da quel versante, dopo essere uscito dalle strettoie della Valsugana, improvvisamente è accolto da una rigogliosa pianura e dall'abbraccio dei palazzi di viale dei Martiri. E il Caffè Italia ha avuto ed ha ammiratori entusiasti e famosi. A questo punto, è giocoforza citare un personaggio che ha fatto parlare di sè le cronache mondane e culturali del XIX sec. Parlare di Amandine-Lucie-Aurore Dupin baronessa di Dudevant potrebbe apparire strano, ma non è così poichè questa prolifica autrice francese ha avuto uno stretto legame con Bassano. Facciamo, dunque, la sua conoscenza.
Figlia di una sartina di Parigi e di un maresciallo napoleonico (1804-1876), fu una celebre scrittrice, autrice di numerosi romanzi classici del genere sentimentale a sfondo sociale e d'ambiente rurale. Indiana, Valentina, Leila, La piccola Fadette e, in particolare, Lettere di un viaggiatore sono solo alcuni titoli della sua fertile produzione, che ha lasciato ai posteri 143 fra romanzi e novelle, 24 commedie e 49 volumi di argomenti vari. Se diciamo, inoltre, che Amandine Lucie Aurore Dupin è il vero nome di George Sand, si aprono vasti orizzonti. Di lei i suoi contemporanei, spesso con malizia e forse con un po' di invidia, si chiedevano se fosse un uomo o una donna, dato che vestiva sempre in calzoni. L'autrice, assai furbescamente, faceva in modo di essere sempre al centro dell'attenzione tanto che, durante la sua vita, riempì le cronache mondane di tutta Europa. Poteva tenere questa sua posizione con una certa facilità, visto che godeva di sicura indipendenza economica, dovuta ad una eredità, ed alla sua attività di scrittrice. E ancora fra il 1838 e il 1847 fu amante di Fryderyk Chopin. Tra i suoi interessi erano inclusi la storia naturale, la botanica, la mineralogia, si dilettava di pittura e nel suo salotto di Nohant, piccolo comune del dipartimento dell'Indre, dove si stabilì fino alla morte, ospitava i migliori letterati francesi, come Gautier, Flaubert, Dumas ed altri che contribuirono ad accrescere la sua già notevole notorietà.
Che sia venuta a Bassano è arcinoto, tanto che le si attribuisce la famosa frase pronunciata vedendo il panorama dal viale delle Fosse (allora contrada delle Grazie): "È un pezzo di cielo caduto in terra". Sembra, però, che la frase sia stata da lei scritta nel libro Lettere di un viaggiatore in occasione di una sua visita alle grotte di Oliero. È curioso, invece, conoscere come la Sand ebbe l'avventura di venire nella nostra città. Alcune cronache del 1880, dopo aver descritto la vallata del Brenta e precisato che "a Tezze c'è l'ultima guardia austriaca e a Primolano la prima sentinella italiana", descrivono il panorama che si gode "dalla posizione chiamata alle Fosse" e raccontano che, nel 1832 (la George aveva solamente 28 anni), abitava a Venezia in una modesta camera, da tutti creduta un uomo, per il suo modo di vestire. Una notte la Sand fu colta da un malore per cui fu necessario cercare un medico. Vista l'urgenza del caso, fu condotto nella stanza «il primo che si trovò per via». E questi era un giovanotto nato nei dintorni di Bassano, fresco di studi all'università di Padova. Egli si recò nella stanzetta per eseguire, forse, la sua prima visita "ufficiale" e scoprì... la verità sul supposto signor Sand. Continua il cronista: "La Sand e il giovane medico, finirono, in pochi giorni, per non avere più nessun segreto fra loro e si amarono appassionatamente". Un giorno George chiese al giovanotto di condurla in qualche luogo che potesse essere 'degno teatro del loro idillio' ed egli la portò a Bassano dove lei si trattenne per lungo tempo e dove scrisse alcune delle "Lettres d'un voyageur". La Sand era solita frequentare il caffè "all'Italia" (una lapide lo ricorda epressamente) e passeggiare sotto le mura di Contrada delle Grazie e di queste passeggiate lascerà traccia nel medesimo libro, nel quale sosteneva che quel luogo «era la cosa più mirabile che potesse capitare ad un viaggiatore». E noi speriamo che il Caffè Italia torni preso ad essere il biglietto da visita della città.
Ruggero Remonato