Strage Suviana, cosa è successo veramente durante l'esplosione della centrale? I tecnici: «Non è stato un errore»

Rivendicano con orgoglio le condizioni di lavoro i tecnici specializzati delle centrali della zona, che non crederebbero alle ultime ipotesi sull'incidente dello scorso 9 aprile

Sabato 13 Aprile 2024
Strage Suviana, cosa è successo veramente durante l'esplosione della centrale? I tecnici: «Non è stato un errore»

L'esplosione nella centrale idroelettrica di Suviana non è stato un errore.

Di questo sono convinti i residenti di Castiglione de' Pepoli, paese dell'Appennino bolognese in cui vivono decine di dipendenti Enel, compresi alcuni che lavorano nella centrale esplosa. Ma cosa sarebbe stato allora a causare lo scorso 9 aprile l'incidente costato la vita a sei persone?

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La possibile avaria

 

Nel borgo di 6.000 residenti sono decine i tecnici specializzati che lavorano alle centrali della zona, una professionalità stimata e difesa. Nella piazza i commenti respingono al mittente le critiche sulla sicurezza. «Negli impianti c'è la massima attenzione, il personale è di grande livello», riassumono due uomini, «non crediamo a un errore, forse c'è stata un'avaria, vedranno con le indagini tecniche appena sarà possibile farle».

 

Le condizioni di lavoro

C'è forte «considerazione e dispiacere» per chi è morto ma si rivendica orgoglio per le condizioni di lavoro. Un ex dipendente Enel riporta con enfasi degli aneddoti: «Se hai le scarpe antinfortunistiche appena usurate, o sciupate, quel giorno non entri al lavoro, ti ripresenti con calzature idonee», racconta sugli standard tenuti. «E una volta - ricorda - fu tagliata una trave di metallo e cadde della polvere di ferro, piccola cosa ma fu data indicazione di rimuovere subito la segatura di ferro, di spazzarla via». «Qui - spiega il sindaco Maurizio Fabbri - c'è una tradizione lontana e un senso di appartenenza al lavoro negli impianti idroelettrici, tanti nostri concittadini ora e in passato ne fanno parte».

 

I superstiti

Nessuno dei tecnici di Castiglione de' Pepoli è morto. E tra loro ci sono alcuni superstiti diretti della tragedia. Essi erano in turno proprio a Bargi quando c'è stato l'incidente. Sono rimasti vivi per un soffio. Uno, Leonardo Raffreddato, è ricoverato al Centro ustioni di Cesena ed è stato dichiarato fuori pericolo di vita. È riuscito a salire via dai piani più bassi. Invece Emanuele Santi e Alessio Fortuzzi sono rimasti illesi. Abitano tutti a Castiglione, hanno fatto le scuole tecniche insieme, sono amici fin da ragazzi. Ora sono salvi come reduci di una guerra, benché tutti sotto choc. Scossi per il destino dei colleghi e degli altri tecnici deceduti, ma anche per l'esperienza apocalittica che hanno vissuto.

 

Le testimonianze

Video

Emanuele Santi oggi ha lavorato. Era in turno, poteva farsi esentare ma invece ha seguito l'orario. Santi ha riferito di aver urlato agli altri di fuggire subito sentendo che il gruppo di produzione di energia elettrica in collaudo ha cominciato a fare un rumore anomalo, crescente. Lui, come tutti gli altri sono assistiti da un team di psicologi. La madre dell'altro superstite castiglionese Alessio Fortuzzi è lei stessa scioccata e incredula. «Mio figlio era ai piani sopra della centrale e ha fatto in tempo a mettersi in salvo, altrimenti sarebbe morto. Mi ha telefonato subito dopo l'accaduto, io ancora non sapevo nulla», ha detto la donna, provata. «Dobbiamo andare ad accendere dei ceri alla Madonna». Stamani il tecnico ha preso l'auto e se ne è andato, ha deciso di stare fuori casa tutto il giorno. «È sconvolto, non ne vuole sentire parlare. Mi ha detto che voleva stare in pace - ha anche detto la madre -. Quando ho provato a chiedergli qualcosa su alcune immagini passate in tv, si è preso la testa con le mani e mi ha chiesto di non dirgli nulla, di non voler sapere nulla. Ieri sera ha avuto un malessere ed è venuta la dottoressa a visitarlo».

Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 09:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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