Ecco perché è così difficile arrivare a una tregua e a un accordo di pace nel conflitto israeliano-palestinese

Mercoledì 8 Novembre 2023

Caro direttore,
la prego mi dica perché ancora non si riesca a trovare un accordo per almeno fermare e poi discutere per risolvere il conflitto palestinese/israeliano. L'inizio è stato orribile ma ora l'unica soluzione praticabile è l'avvio ad una trattativa con la partecipazione di quegli stati che hanno dato la disponibilità, in qualità di negoziatori, per una trattativa che possa arrivare almeno ad una tregua anche di tempo limitato. Unico e principale inizio è la liberazione degli ostaggi con la immediata e conseguente tregua e cessazione dei bombardamenti.


Ivo Zanetti


Caro lettore,
non diversamente da quanto è accaduto negli ultimi decenni in quella martoriata terra, dove si sono visti naufragare numerosi accordi di pace, anche oggi è molto complicato arrivare ad una tregua nel conflitto israeliano-palestinese.

Soprattutto è difficile concordare uno stop alle attività militari che rappresenti la base per seria trattativa e non semplicemente una pausa tattica in vista di altri assalti e scontri, magari ancora più cruenti. La realtà è che manca la volontà politica di molti degli attori in gioco sul fronte mediorientale di avviare serie e vere trattative per trovare una composizione del decennale scontro che insanguina questi territori. Questa paralisi ha naturalmente profonde ragioni storiche. Ma il dialogo trova nel presente, e in entrambi i fronti, i suoi ostacoli maggiori. Una parte del mondo arabo, la stessa che oggi chiede il "cessate il fuoco", ha usato spesso la questione palestinese per giocare altre partire su altri tavoli internazionali e, nella sostanza, ha più interesse a tenere aperto il fronte mediorientale che a chiuderlo e dare una stabilità, riconoscendo lo stato di Israele, a questo lembo di terra. Un'altra parte, quella fondamentalista islamica che fa riferimento ad Hamas, ad Hezbollah e all'Iran e che è oggi probabilmente maggioritaria sul piano politico in Palestina, semplicemente, non vuole nessuna pace, nè prende in considerazione la prospettiva dei " Due stati per Due popoli". La sua missione, politica e religiosa, è un'altra: la guerra santa e quindi la cancellazione di Israele e della religione ebraica. D'altro canto sul fronte israeliano, soprattutto negli ultimi anni, ha assunto un peso crescente nella società, nella politica e nelle forze armate, il sionismo religioso e ultra nazionalista. Una corrente politica e di pensiero ampiamente rappresentato nel governo di Benjamin Netanyahu, che incoraggia gli ebrei a riconquistare tutti i cosiddetti territori biblici, quelli cioè occupati oggi dai coloni. Un tema che, come noto, rappresenta uno dei principali ostacoli sulla strada di un accordo di pace. Ma su cui gli integralisti israeliani non intendono accettare alcuna mediazione.

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