Un lungo tappeto rosso, le bandiere degli Stati Uniti e della Cina ai lati dell’ingresso dell’elegante tenuta californiana. Eccolo il presidente Joe Biden pronto ad accogliere l’arrivo del presidente cinese Xi Jinping: una stretta di mano, dopo 12 mesi e un giorno di tensioni e silenzio. «La competizione non deve sfociare in un conflitto», ha detto Biden. «Il pianeta Terra è abbastanza grande per entrambi», ha risposto Xi, dando un segnale che è di apertura ma anche di distanza: nessuno dei due, insomma, detterà l’agenda all’altro.
LE RELAZIONI
L’ultimo incontro tra i presidenti delle due super potenze era avvenuto poco più di un anno fa, il 14 novembre del 2022 a Bali, in Indonesia. Da quel momento tra Biden e Xi c’è stato solo un lungo confronto a distanza su temi delicati come la sorveglianza - dopo lo scandalo del pallone spia cinese sui cieli americani - e questioni economiche, sfociate in sanzioni e divieti soprattutto nel settore tecnologico. Così il vertice di ieri a San Francisco è stato per diversi motivi un evento storico.
I PROBLEMI INTERNI
Il faccia a faccia avvenuto ieri, a porte chiuse e a margine del forum dell’Asia-Pacific Economic Cooperation nella tenuta storica di Filoli, a sud di San Francisco, è stato anche un momento importante per entrambi i leader. Biden in questi mesi sta affrontando un calo drastico nei sondaggi e due crisi mondiali, così in vista delle elezioni del 2024 non può permettersi un nuovo fronte in oriente contro la Cina. Xi, che mancava dagli Stati Uniti da sei anni, sta invece cercando di rafforzare l’immagine di un’economia che rallenta e provando ad arginare un senso di sfiducia all’interno e all’esterno della Cina che non si vedeva da decenni. I due presidenti hanno discusso per diverse ore di temi che vanno dal ritorno a una comunicazione militare più diretta, alle guerre in Israele e Ucraina, alla collaborazione per il contrasto al contrabbando di droga, fino alla crisi climatica e all’intelligenza artificiale.
I PRIMI PASSI
Usa e Cina già martedì sera avevano firmato un accordo per aumentare l’uso di energie rinnovabili, eliminare i combustibili fossili e ridurre le emissioni che sono le principali cause del riscaldamento globale. Per quanto riguarda la comunicazione militare tra i due eserciti, le discussioni fanno ben sperare che Washington e Pechino torneranno ad avere scambi regolari attraverso il Military Maritime Consultative Agreement, che fino al 2020 è stato uno strumento fondamentale per migliorare la sicurezza tra i due paesi. In un report pubblicato di recente il Pentagono sostiene che Pechino «ha negato, cancellato o ignorato» la comunicazione diretta tra i due eserciti e gli incontri con il dipartimento della Difesa. Altro tema discusso è stato il problema del flusso di droga dai piccoli laboratori chimici cinesi negli Stati Uniti: in particolare la produzione di fentanyl che negli ultimi anni ha fatto aumentare le morti per overdose in Usa, con i dati che dicono che più di due morti su tre sono causate da fentanyl sintetizzato illegalmente e quasi sempre proveniente dalla Cina.
I CONFLITTI
Sul tavolo c’è poi la questione della guerra in Medio Oriente. Gli Stati Uniti oscillano tra la difesa di un alleato storico come Israele e subiscono le pressioni interne per le violenze dei bombardamenti su Gaza. Su questo conflitto la Cina resta invece in silenzio, senza condannare Hamas in modo diretto, viste le relazioni molto intense con l’Iran, cercando però di aumentare la propria influenza nella regione. Altro tema è ovviamente quello che riguarda l’altra guerra in corso, sul fronte russo-ucraino. Infine, il vertice ha toccato anche il tema della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. E qui si apre il capitolo Taiwan. Proprio l’IA e la produzione di microchip saranno al centro degli investimenti di Cina e Usa nei prossimi anni e allora l’isola sarà un vero banco di prova per le relazioni, visto che per gli Usa è il principale hub di produzione di microchip, mentre per la Cina un territorio da riconquistare.