BELLUNO - Ad ogni nuovo femminicidio l’attenzione si alza. Succede così anche ad ogni 25 novembre, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. «Il rischio è che dal 26 novembre tutto torni come prima», teme Anna Cubattoli, presidente dell’associazione Belluno-Donna. Eppure la situazione, anche a Belluno, non lascia tranquilli. Nel 2022 in provincia di Belluno sono state 143 le donne che per la prima volta hanno contattato il Centro.
GLI SPORTELLI
È accaduto anche nel nostro territorio: quando, dopo Ponte nelle Alpi, Belluno-Donna ha aperto sportelli anche a Sedico, Feltre, Belluno, subito il numero delle donne intercettate è stato maggiore. La modalità, insomma, è quella di avvicinarsi in tutti i modi possibili a chi vive una situazione di difficoltà. Dopo l’esordio a Ponte nelle Alpi ancora nel 2004, il sodalizio aveva aperto uno sportello a Belluno. Tuttavia qui giungevano poche richieste per esempio dal Feltrino. È stato proprio per avvicinarsi al bisogno che è stato aperto lo sportello di Feltre. E subito il numero di donne feltrine è aumentato. Identica la ragione per l’apertura dello sportello di Sedico, pensando soprattutto al bacino dell’Agordino.
IL PROBLEMA
Per le donne vittime di violenza, arrivare sino a Ponte nelle Alpi può essere un problema, anche perché spesso non hanno la disponibilità di una macchina e denaro; oppure devono giustificare ogni loro piccolo spostamento. A fronte di una fotografia preoccupante e del lavoro immane che l’associazione sta facendo, vi sono le difficoltà con cui questo e altri centri si devono misurare. Si ricorderà, per esempio, l’allarme lanciato la scorsa estate e finora rimasto inascoltato. «Belluno-Donna – diceva allora la presidente Cubattoli - unico centro anti-violenza della provincia di Belluno, è seriamente e realisticamente a rischio chiusura». Questo si profila all’orizzonte nel momento in cui, per effetto di una delibera della giunta regionale, i Centri anti-violenza dovranno garantire una reperibilità per 24 ore al giorno per accedere ai fondi. La difficoltà rischia di concretizzarsi entro la prima metà del prossimo anno. Il nocciolo della questione è l’entrata in vigore dell’intesa Stato-Regioni approvata nella conferenza unificata nel settembre del 2022. A seguire il Veneto con una delibera di giunta di aprile ha indicato quali debbano essere i nuovi requisiti minimi di un Centro antiviolenza per ottenere il riconoscimento regionale e poter accedere alle risorse stanziate. Fra questi appunto la reperibilità che copra tutto il giorno. La normativa pretenderebbe che dal 2024 i Centri anti-violenza si organizzassero per offrire assistenza continua. Se non accadrà, nel nostro caso se Belluno-Donna non sarà in grado di farlo, sarà cancellata dalla mappatura e verrà costretta a chiudere. Un rischio serio, perché i parametri indicati dalla deliberà regionale sono impossibili da raggiungere dal momento che il Centro bellunese svolge la propria attività soprattutto grazie alle volontarie - una quarantina, ma solo la metà regolarmente attive - e a cinque persone assunte part-time. Finora, tuttavia, la politica non ha risposto all’appello. Ma siccome Belluno-Donna svolge un servizio sull’intero territorio provinciale, è davvero interesse di tutti adoperarsi per mantenerla aperta.