Furto di buoni carburante nell'Autoparco della polizia, chiesti oltre 9 anni di carcere per i tre imputati

Giovedì 16 Maggio 2024 di Marco Aldighieri
FURTO BUONI BENZINA POLIZIA - La Procura ha chiesto oltre 9 anni per i tre imputati

 PADOVA - Il processo sul presunto scandalo del furto di tessere elettroniche e buoni carburanti assegnati all’autocentro della polizia di Stato di via San Marco per un ammanco di 381.990 euro, sta per concludersi. Ieri il pubblico ministero Maria D’Arpa, titolare delle indagini, ha chiesto 5 anni per il principale imputato Enrico Ferraretto, 52 anni di Mestrino, ex assistente capo, rimosso dall’incarico e accusato di peculato e tentata estorsione. 
Mentre due anni e 4 mesi li ha chiesti per gli altri due imputati, Franca Meneghetti di 53 anni e l’ex marito di quest’ultima Gaspare Orazio Iraci di 59, accusati entrambi di tentata estorsione. La parte civile, come danno di immagine per la polizia di Stato, ha chiesto un risarcimento di un milione e 200 mila euro. La lettura della sentenza, da parte dei giudici del Tribunale collegiale, è stata fissata per il 22 maggio. 

L’ACCUSA
Per quasi due anni Ferraretto, all’epoca con il vizio del gioco e dipendente da sostanze stupefacenti, avrebbe fatto piazza pulita di tessere elettroniche e buoni carburanti. Secondo l’accusa avrebbe approfittato del suo ruolo di responsabile della sezione carburanti per impadronirsi delle tessere e dei buoni benzina che avrebbe poi rivenduto garantendosi guadagni illeciti, stimati nell’ordine dei 6-700 euro la settimana. I consistenti ammanchi sarebbero andati avanti dall’ottobre 2015 al luglio 2017. E le attenzioni degli inquirenti si erano immediatamente dirette verso Ferraretto che, ancora per l’accusa, gestiva in autonomia la sezione carburanti dell’Autocentro.

Successivamente era stato individuato il terminale del poliziotto.

L’imprenditore Pietro Zen (uscito di scena con un patteggiamento per ricettazione) era stato sorpreso in possesso di tessere elettroniche e buoni carburante provenienti da Ferraretto. Le consegne avvenivano con cadenza settimanale ed era lo stesso Zen ad occuparsi della loro vendita, ad un prezzo vantaggioso, ad un gruppetto di affezionati acquirenti. Almeno cinque gli acquirenti di tessere e buoni individuati e identificati dagli inquirenti. Ad un certo punto i rapporti tra Ferraretto e Zen si sarebbero però incrinati. L’imprenditore non avrebbe onorato un piccolo debito nei confronti del poliziotto. Ferraretto così avrebbe incaricato la moglie Franca Meneghetti, e l’ex marito di quest’ultima Gaspare Orazio Iraci (uomo vicino al clan Badalamenti come ha ricordato in aula il pm) di procedere al recupero del credito di mille euro: ed ecco la tentata estorsione. Secondo l’accusa il 1 novembre 2017 i due si sarebbero recati a casa di Zen, ad Abano, diffidandolo a pagare quanto dovuto a Ferraretto. In caso contrario sarebbero passati alle vie di fatto. 

LA DIFESA
Andrea Frank, avvocato di Ferraretto, nella sua arringa ha sottolineato come l’ex poliziotto non poteva essere l’unico responsabile della cassaforte dove erano custodite le tessere elettroniche e i buoni carburante. E soprattutto come mai le indagini sono state condotte da una squadra dello stesso ufficio e non da un altro gruppo di inquirenti. 

Ultimo aggiornamento: 17:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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