PADOVA - Cervello e cuore produttivo a Padova per catturare i maestri della Riviera del Brenta e i giovani talenti dopo aver conquistato un ruolo da front runner nelle sneaker. Nice Footwear dopo le acquisizioni di Favaro Manifattura Calzaturiera (scarpe da donna di lusso) ed Emmegi (borse e accessori in pelle) non si ferma e lancia la sfida per superare i 50 milioni di fatturato entro 2-3 anni ma soprattutto rivoluzionare un settore spesso ancora legato a vecchie logiche produttive. «La nostra nuova sede di Padova vuole diventare un modello produttivo dove al centro c'è la persona ma anche la sostenibilità: in azienda abbiamo un giardino verticale che viene curato da ogni addetto ma siamo anche indipendenti a livello energetico grazie ai nostri pannelli fotovoltaici - spiega Bruno Conterno, 48 anni, presidente, Ad e azionista di maggioranza di Nice Company, la holding che controlla al 75% Nice Footwear (il resto è quotato in Borsa) e a cascata quindi le altre società di questo gruppo (sede legale a Milano) da oltre 32 milioni di fatturato consolidato nel 2021 in crescita a doppia cifra -.
RICAVI A 32 MILIONI
Il bilancio? «Al 30 aprile 2022 abbiamo registrato un fatturato consolidato 32 milioni con le nuove acquisizioni e le controllate estere contro i 24 del 2020, con un utile netto vicino al milione - spiega il presidente - sull'esercizio che chiuderemo tra 4 mesi sono ottimista, la crescita dovrebbe essere a due cifre. Il nostro obiettivo è superare i 50 milioni di ricavi entro due o tre anni».
«Sette anni fa abbiamo fatto una scommessa - spiega l'altro socio Francesco Torresan, 48 anni, trevigiano di Montebelluna, il responsabile produzione del gruppo - creare qualcosa che non esisteva, utilizzando strutture produttive simili customizzandole di volta in volta per ogni cliente. La nostra è un'azienda divisa in silos, design, ricerca, sviluppo, e anche produzione e distribuzione. Serviamo grandi gruppi come Avirex, una joint venture di un paio di mesi fa, e società europee come G-star o Lyle & Scott, con le quali abbiamo firmato accordi di distribuzione per l'Italia e una parte delle calzature le produciamo noi. La Riviera del Brenta è la nostra diversificazione: vogliamo entrare nel network per dare il nostro contributo a riassestare il sistema di lavoro, mantenendo l'artigianalità del prodotto ma affinandola in una fase industriale più velocizzata per mantenere i costi sotto controllo. Ci sono dei maestri che creano delle opere d'arte, l'hanno capito anche le maison francesi: vogliamo che lavorino in ambienti ariosi, innovativi, valorizzando al massimo l'individuo (tutti i nostri addetti sono a tempo indeterminato) e attirando i giovani». Assunzioni in vista? «In organico mancherebbero tra le 5 e le 10 persone, non è facile trovarle», dice Torresan.