Padova. Sommossa in carcere durante il Covid, richieste di condanna per 100 anni

Gli imputati devono rispondere di concorso in devastazione e saccheggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale e lesioni personali

Sabato 17 Giugno 2023 di Luca Ingegneri
Rivolta in carcere (foto d'archivio)

PADOVA - Condanne per un centinaio di anni di galera sono state sollecitate dal sostituto procuratore Maria D'Arpa al processo contro i detenuti accusati di aver scatenato la sommossa dell'8 marzo 2020, quando al Due Palazzi furono introdotte le limitazioni imposte dal piano governativo per evitare la diffusione del Covid-19. Dieci anni ed otto mesi di reclusione a testa sono stati chiesti per Domenico Lucisano, 44 anni, residente a Cilavegna (Pavia), Aren Bartolomeo, 26 anni, di Trieste, Ivan Baricevic, 34enne, trevigiano, David Wisedom, 49 anni, di origini liberiane, senza fissa dimora, Madalin Nagler, 29enne, romeno, anch'egli senza fissa dimora, Adriano Halilovic, 27enne, di Arzignano (Vicenza), e Giovanni Sanguedolce, 34 anni, di Mazara del Vallo (Trapani). Una pena di sette anni a testa è stata formulata invece per Giuseppe Morano, 36 anni, residente a Padova, Radouan El Madkouri, 28 anni, marocchino, di Riva del Garda (Trento) e Ivan Marini, 52enne di Latisana (Udine).

I reati

Gli imputati devono rispondere di concorso in devastazione e saccheggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. Parti offese nel procedimento risultano undici agenti di polizia penitenziaria.

Il processo è stato aggiornato al prossimo 23 giugno per le ultime arringhe della difesa. Poi il tribunale collegiale presieduto da Mariella Fino si ritirerà in camera di consiglio per il verdetto.

Il fatto

La sommossa era scattata una domenica sera. Al segnale lanciato da Lucisano, che aveva finto di ingerire del liquido corrosivo, una quarantina di detenuti avevano iniziato a devastare le sezioni A e B al quarto piano del Due Palazzi prima dando alle fiamme vestiti e materassi, accatastati a ridosso dei cancelli delle sezioni in modo da creare delle barricate, poi sfondando le telecamere della videosorveglianza e le pompe idrauliche.

Il pericolo

Ma l'azione più pericolosa era stata quella di piegare verso l'esterno un paio di sbarre di una cella: se gli agenti penitenziari avessero caricato sarebbero rimasti infilzati. Volevano fare male. I poliziotti, sotto una pioggia di oggetti e bombolette di gas accese, che esplodevano innescando ulteriori focolai di incendio, erano stati costretti a intervenire. La calma, almeno apparente, era tornata dopo qualche ora. Una decina gli agenti rimasti feriti e intossicati dalle inalazioni di fumo. A scatenare la rabbia dei detenuti sarebbero state le limitazioni imposte dal piano governativo per evitare la diffusione del Covid-19 in assenza di adeguate misure di tutela sanitaria ma in realtà la protesta covava da tempo tra le celle della casa di reclusione e la nuova emergenza sarebbe stata presa a pretesto per creare tensione all'interno del penitenziario.

Ultimo aggiornamento: 12:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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