TREVISO - Il caro bollette rischia di spegnere le luci dei negozi nei giorni festivi. E di costringere gli albergatori a chiudere nei mesi invernali. «Spegnere le luci vuol dire chiudere - fa presente Federico Capraro, presidente dell'Ascom - E spegnere le luci vuol, dire spegnere la vita».
LA PROTESTA
Dopo le chiusure simboliche delle luci in negozi, supermercati, bar e ristoranti come forma di protesta contro i rincari, per chiedere da subito un intervento di Roma, adesso si passa alla cruda realtà. Fatta di conti e previsioni. E la proposta provocatoria messa in atto da Confcommercio e Federdistribuzione potrebbe diventare il leit motiv che caratterizza la stagione invernale. Gli albergatori, nonostante una stagione estiva conclusasi con un segno positivo in bilancio, stanno valutando di tenere chiuse le strutture ricettive a partire dall'autunno. Per ipotizzare la riapertura soltanto con l'avvio della primavera 2023. Un taglio dei costi assicurato. Ma altresì un taglio per il personale e un biglietto da visita preoccupante in una città che di turismo ha tanto da offrire tutto l'anno. In bassa stagione, quindi, tanti alberghi della Marca, compresi quelli situati nelle colline Unesco del prosecco, potrebbero rimanere chiusi. Tutto facile? Non proprio assicura Capraro: «Tutto ciò ha una dinamica sull'occupazione, sul presidio del territorio, sui servizi da fornire ai turisti e a tutta la comunità».
I NEGOZIANTI
La stessa strada potrebbero percorrerla anche i negozi dei centri storici. «Il caro bollette incide molto più sui piccoli negozi che hanno margini più bassi rispetto ai grandi - aggiunge Capraro - Ed una serranda che si abbassa non è solo un negozio che chiude. «Lo abbiamo visto durante il Covid, un negozio che chiude incide sull'intera comunità - conclude Capraro - incide sul paese, sulla piazza, sulla via. Incide perfino sulla sicurezza». Insomma, conclude Capraro, se la soluzione è di ordine economico, stiamo attenti alle conseguenze.