Maglie con slogan in dialetto
per bimbi in ospedale. L'Usl le rifiuta

Mercoledì 11 Dicembre 2013
L'oasi pediatrica dell'ospedale Ca' Foncello
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TREVISO - «In ospedale rifiutano le magliette con la scritta in dialetto veneto come dono per i bambini della pediatria di Treviso. Siamo amareggiati», sbotta l’ideatore dell’iniziativa.



«L'azienda ha ritenuto quel messaggio non adatto, il dialetto non c'entra» replica l’Usl 9. E le magliette da regalare al Ca’ Foncello diventano subito un caso. A sollevare la questione è Stefano Cigana, mottense, ideatore di una linea di abbigliamento con scritte dialettali. E lo denuncia sulla pagina Facebook della sua linea Pakkiano.



«L’ospedale - scrive - rifiuta le magliette che Pakkiano avrebbe potuto donare, in occasione del Natale, ai bambini del reparto Pediatrico e Oncologico. Pare non accettino il dialetto, lingua del Veneto». E giù una sfilza di commenti. Cigana spiega a parte: «Sono stato contattato dall'associazione "Per mio figlio". Ho proposto di realizzare alcune magliette con la scritta in veneto «Mi stae benon» e con una faccina sorridente.



L'idea è piaciuta all'associazione. Non così ai responsabili del reparto, in quanto, sembra, scritta in dialetto. Credo che il dono queste magliette avrebbe fatto sorridere più di un bambino. Invece niente. Sia io che gli amici dell'associazione ci siamo rimasti male. Perché rifiutare questo regalo?»



La direzione sanitaria però non ci sta e replica: «Da sempre l'azienda è attenta ai messaggi rivolti ai propri pazienti e in particolare ai bambini dei reparti pediatrici. Ogni forma di collaborazione è benemerita e benvenuta ma i promotori sanno di doverla condividere con l'Azienda stessa a tutela dei pazienti e dei familiari». Perché no alle magliette regalo? «Intanto non c'è stato alcun contatto con la ditta e non c'entra nulla il mancato uso della lingua italiana. Inoltre, una volta conosciuta la scritta sulla maglietta si è ritenuto che non fosse appropriata alla situazione di un reparto di pediatria che ospita anche casi in situazioni particolarmente critiche». Dalla direzione non ci stanno a passare per censori: «"Mi stae benon" può essere considerato un messaggio adatto a bambini che possono essere anche molto gravi e consapevoli della loro malattia? Come può reagire un genitore a cui è appena stata comunicata una prognosi non proprio felice per il proprio figlio nel leggergli addosso una simile scritta o nel vederla sul bimbo del letto vicino? Chiunque può darsi una risposta e comprendere che il dialetto non c'entra niente. Siamo favorevoli a condividere ogni forma di collaborazione e ringraziamo sempre tutti coloro che ci sostengono a vantaggio dei nostri pazienti».
Ultimo aggiornamento: 12 Dicembre, 08:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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