“Le piazzo un proiettile e mi tolgo una soddisfazione”: via armi all'ex

Martedì 30 Aprile 2019 di Angela Pederiva
“Le piazzo un proiettile e mi tolgo una soddisfazione”: via armi all'ex
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TREVISO - Raffiche di messaggi per convincerla a riprendere la relazione, insistenti pressioni su sua madre affinché intercedesse per un matrimonio, pedinamenti per raccogliere elementi sulle sue frequentazioni. Non era amore, ma persecuzione: per questo a carico del trevigiano è partita una richiesta di ammonimento ai sensi della legge contro lo stalking e, sulla scia di quell'istruttoria, sono scattati il divieto di detenere armi e munizioni, la revoca della licenza di porto di fucile per uso sportivo e il diniego del rilascio di porto d'armi per difesa personale. Emesse dalla Prefettura e dalla Questura di Treviso, le misure sono state confermate prima dal Tar del Veneto e poi dal Consiglio di Stato, con una sentenza depositata ieri che elenca l'inquietante sequenza di minacce rivolte all'ex compagna dall'uomo, il quale continua a respingere le accuse. I fatti risalgono al periodo compreso fra il 2011 e il 2013, «in un contesto caratterizzato da indiscutibile conflittualità», in cui il trevigiano (le cui generalità sono coperte da omissis) «avrebbe manifestato più volte propositi aggressivi e violenti di tipo omicida», sottolineano i giudici amministrativi citando una serie di riscontri. A cominciare dall'email intitolata Revenge  (vendetta, ndr.) e spedita al proprio avvocato: «Riferendosi all'ex compagna annotano i magistrati scrive che da uomo con il sangre caliente (sangue caldo, ndr.), la prossima volta gli piazzo un proiettile cal. 9 ed aggiunge di aver esaminato una recente sentenza della Cassazione concludendo che non avrebbe fatto nemmeno un giorno di carcere, non sarebbe stato privato del porto d'armi e si sarebbe levato una bella soddisfazione». L'uomo sostiene che quella lettera gli è stata rubata e che comunque non era indirizzata alla donna, ma per il Consiglio di Stato quest'ultima circostanza è semmai un'aggravante, poiché dimostra l'assenza di timore «nel rappresentare a terzi i propri pensieri omicidi».
LE TESTIMONIANZEPropositi confermati anche dalle testimonianze di cui i magistrati hanno tenuto conto. Come la segnalazione della sorella di lui ai carabinieri di Treviso, sul fatto che «avrebbe, verbalmente e per iscritto, minacciato, anche di morte, la sua ex compagna». Oppure le «frasi velatamente intimidatorie del tipo ti conviene rispondermi, ne va della tua vita» sentite dalla domestica. O, ancora, l'episodio in cui il trevigiano avrebbe mostrato un'arma alla figlia della sua ex, «dicendole che con quella avrebbe ucciso» sua mamma. Allarmante anche il racconto reso dalla stessa vittima alla polizia: «Una sera, verso le ore 21.00 in cui ricordo aveva assunto una notevole quantità di bevande alcoliche, mi sorprendeva alle spalle e all'atto di girarmi verso di lui, mi accorgevo che a due mani teneva la pistola Beretta puntandomela addosso ad una distanza di circa 3 metri, proferendo testuali parole: Stai attenta che stasera è una sera particolarmente pericolosa, preparati al peggio, facendomi notare che teneva in tasca il secondo caricatore». Per il Consiglio di Stato, ce n'è stato abbastanza per ribadire il verdetto del Tar: via le armi.
Angela Pederiva
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