Vardanega: «Troppe donne e ragazzi
disoccupati rifiutano posti di lavoro»

Venerdì 30 Agosto 2013 di Mattia Zanardo
Vardanega
TREVISO - Alcune avanguardie consapevoli del nuovo contesto economico, ma ancora parecchie resistenze, da parte di chi magari non si accorto che l'abbondanza del passato finita. L'atteggiamento dei trevigiani verso il lavoro, secondo Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso, necessita di un salto culturale. Per recuperare il valore sociale del lavoro stesso e, di conseguenza, di chi lo crea: le imprese e gli imprenditori.



Il numero uno degli industriali trevigiani conferma come - effetto evidente della crisi - impieghi fino ad anni recenti disprezzati, oggi stiano tornando a interessare. «I nostri uffici e il nostro servizio Unimpiego - sottolinea Vardanega - ricevono sempre più spesso curricula e richieste di colloqui nei quali, sia giovani che si affacciano al lavoro, sia lavoratori più maturi, magari usciti dal mercato del lavoro a causa della crisi, manifestano maggiore disponibilità e flessibilità a considerare proposte per mansioni anche poco qualificate, orari di lavoro che coinvolgono prestazioni a turno o lavori in orario notturno o festivo, oppure anche all'estero».



Quote consistenti di lavoratori nostrani, però, non accettano queste condizioni. Soprattutto donne: «Molto spesso è ritenuto più comodo e vantaggioso lo sfruttamento degli ammortizzatori sociali, per occuparsi magari della cura della casa e della famiglia o di lavoretti ai margini della legalità, non necessariamente svolti per conto di imprese».



Oppure giovani: «Non infrequenti sono pure quelli che preferiscono il sostegno dell'economia familiare alle sfide di un lavoro magari non conforme alle attese o alla formazione scolastica acquisita». Vardanega sottolinea di non voler giudicare le decisioni di singoli o di certi gruppi. Ma richiama questi fenomeni per sollecitare una nuova visione. «Credo, se mi è consentita una metafora, che il lavoro possa essere assimilato alla salute. Un bene prezioso il cui valore si tende a scoprire solo quando lo si perde». E come, la salute, va costruito e salvaguardato quotidianamente: «Oggi ci si lamenta diffusamente, e giustamente, per la mancanza di lavoro, per la chiusura delle imprese, per la mancanza di giovani leve imprenditoriali. Ma dobbiamo chiederci, tutti insieme, se negli ultimi anni abbiamo rivolto la necessaria attenzione, rispetto e cura a questi temi».



Il leader degli industriali della Marca rinnova la preoccupazione, più volte espressa, per il persistere di un clima di indifferenza, se non di ostilità, verso le aziende. E sollecita «una cultura del lavoro come valore in sè per la persona, per la famiglia e per la società e non solo come strumento per la produzione del pur indispensabile reddito». «Detto in altri termini, e per usare un'altra metafora -rimarca Vardanega- se si vuole fare una sana politica demografica, bisogna prima essere convinti che i figli (l'occupazione) sono un bene prezioso, anche quando portano problemi e costi, ma che vanno prima di tutto sostenuti e protetti i genitori che li generano (imprese)».
Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 14:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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