Il conte Renzo e l'arpista Yoko, storia d'amore e di tasse tra i caffè di San Marco

Sabato 7 Dicembre 2019 di Angela Pederiva
Il conte Renzo e l'arpista Yoko, storia d'amore e di tasse tra i caffè di San Marco
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VENEZIA - Difficile che la prosa di un contenzioso tributario offra spunti da favola. Ma le sorprese possono nascondersi ovunque: la Cassazione si è pronunciata su «2 avvisi di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva elevato il valore di taluni cespiti indicati nella successione». L’eredità, infatti, appassionò le cronache mondane degli anni ‘80, a coronamento di una saga familiare che per oltre mezzo secolo si è snodata nella Venezia dei palazzi e della musica, sopravvivendo alla morte di lui e perpetuando la fama di lei: il conte Renzo Ceschina e l’arpista Yoko Nagae, compianti protagonisti di una storia d’amore e di tasse curiosamente iniziata e finita tra un lato e l’altro di piazza San Marco.
QUEL GIORNO
Come avrebbe poi ricostruito l’amico violinista Maxim Vengerov sulle colonne del New York Times, l’industriale lombardo e la studentessa giapponese si incontrarono al “Caffè Florian”, sotto le Procuratie Nuove, in un giorno d’inverno nel lontano 1962. Renzo era già adulto e ricchissimo, Yoko era ancora giovane e bellissima. A dividerli ventuno anni d’età, a unirli la stessa eleganza. «Lei era una ragazza orgogliosa, molto avvenente. Lui la portò in giro e le mostrò una boutique di pellicce per signore. Le disse: “Fa molto freddo ora. Scegli quella che ti piace; possiedo il negozio”. Lei ripose: “No, grazie”. E girò i tacchi. Ma ogni giorno lei tornava a bere il caffè in quel Caffè, così lui ci andava e la guardava. Finché lei si arrese». Non subito: fu un corteggiamento d’altri tempi, lungo tre ben lustri. I due si sposarono nel 1977, ma il matrimonio risultò dolorosamente breve, poiché il conte Ceschina morì nel 1982 a 71 anni. E la contessa Nagae, che allora ne aveva 50, decise che non avrebbe mai più suonato «nessuna delle 15 o 20 arpe che giacevano silenziose nel seminterrato» di palazzo Barbarigo.
IL PATRIMONIO
La sontuosa residenza affacciata sul Canal Grande era solo uno dei gioielli che componevano il cospicuo patrimonio ereditato dalla musicista, da allora in avanti filantropa nota a livello internazionale per il suo sostegno alle orchestre e ai teatri più prestigiosi: La Fenice, New York Philharmonic, Carnegie Hall, Israel Philharmonic Orchestra, Mariinsky Theatre, National Youth Orchestra of the United States of America, solo per citarne alcuni. Fra immobili, opere d’arte, società, investimenti nella finanza e liquidi, all’epoca si parlò di qualcosa come 300 miliardi di lire. Ne scrissero tanto i giornali, quando la nobildonna venne trascinata in giudizio da un nipote del marito, il quale la accusava di aver falsificato il testamento che, un mese dopo le nozze, l’aveva nominata erede universale. Scoppiò una guerra di carte bollate e perizie giurate, ma nel 1988 l’imputata venne assolta perché il fatto non sussiste.
LA GIUSTIZIA
Un’altra causa, invece, si è allungata fino ai giorni nostri: quella passata per tutti i gradi della giustizia tributaria, relativa al valore fiscale di alcuni beni, fra cui le quote della “Pauly&C”, storica bottega del vetro artistico di Murano, e i muri del “Caffè Quadri”, celebre locale che si trova sotto le Procuratie Vecchie. È qui, di fronte a dov’era iniziata la storia d’amore, che è andata a terminare la storia delle tasse. Dopo gli alterni verdetti delle commissioni tributarie di primo e secondo grado a Milano, e della commissione tributaria centrale a Roma, la Cassazione ha infine stabilito che, per quel che valeva al tempo della proprietà Nagae-Ceschina, «il cespite costituito dal Caffè Quadri di Venezia» andava considerato «come azienda e non già come immobile locato a terzi», in considerazione «dell’ubicazione di particolare pregio» e «degli elevati prezzi sempre praticati e vigenti». Non tutte le fiabe si concludono con il classico «...e vissero tutti felici e contenti». Qualche volta la formula è assai più prosaica: «Così è deciso....», in calce alle motivazioni di una sentenza arrivata quasi un lustro dopo la scomparsa della contessa Yoko, mancata nel gennaio del 2015 a 82 anni.
 
Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 08:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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