DOLO - Doveva essere un intervento di routine ma qualcosa è andato storto e solo grazie all’intervento miracoloso di un medico dell’equipe non è morto dissanguato.
LA VICENDA
L’episodio risale a circa sei anni fa. Nel dicembre 2017 Pizzutti, a seguito di un esame, scopre di avere un adenocarcinoma prostatico. L’unica possibilità di cura, lo informano i medici dell’ospedale di Dolo, è procedere con un intervento chirurgico. E così il 7 febbraio 2018 si sottopone a un’operazione, che viene effettuata con una procedura “robot-assistita”. Nella fase iniziale dell’intervento, però, viene recisa per sbaglio la vena iliaca. In pochi minuti, l’uomo perde quattro litri di sangue. A quel punto i medici decidono di interrompere l’intervento: Pizzutti viene trasferito all’unità di anestesia e rianimazione dell’ospedale dell’Angelo di Mestre. La sua fortuna è che nell’equipe medica c’è un chirurgo specialista della suturazione delle vene che riesce, con un intervento rapido ed efficace, a salvargli la vita. I problemi però sorgono dopo: a mesi di distanza, a giugno, una infezione lo tiene in ospedale per altri dieci giorni.
«La sua vita - aggiunge il legale - a quel punto non è stata più la stessa. Era una persona molto attiva nel lavoro e nello sport, quella invalidità l’ha costretto quindi a rinunciare alle sue passioni. Parliamo quindi di danni biologici, patrimoniali, estetici, esistenziali». L’avvocato ha scelto la strada dell’accertamento preventivo per tentare di evitare le lungaggini della causa civile (che comunque verrà intentata in caso di mancato accordo sul risarcimento). La giudice del tribunale civile di Venezia Ivana Morandin ha dato l’incarico a due consulenti tecnici d’ufficio, la dottoressa Marina Mainente, specialista in medicina legale, medicina interna e medicina del lavoro, e al dottor Fabio Vianello, specializzato in urologia e direttore dell’unità di Urologia dell’ospedale di Gorizia-Monfalcone. I due tecnici hanno sposato la tesi del paziente: «Il signor Pizzutti attualmente e per il resto della sua vita dovrà convivere con una complessa, delicata e disagevole condizione fisica». I due medici ritengono inoltre che «vi fu condotta censurabile, sotto il profilo professionale, nell’esecuzione dell’intervento» e che «il danno biologico permanente è pari al 25%».