Mala del Tronchetto, il pm chiede 18 anni per Loris Trabujo. Oltre alle vendette del clan

Sabato 22 Ottobre 2022 di Maurizio Dianese
Loris Trabujo e la cella dell'aula bunker

VENEZIA - Diciotto anni. E una coltellata in omaggio. Per Loris Trabujo, il braccio destro di Gilberto Lolli Boatto, il capo della banda dei mestrini che da sempre controllano il flusso turistico al Tronchetto, il pm Giovanni Zorzi nell'udienza di ieri in aula bunker ha chiesto il massimo della pena.

Zorzi non solo non ha applicato le attenuanti generiche, ma ha detto chiaro e tondo che l'apporto dato da Trabujo con le sue confessioni all'inchiesta sulla mafia del Tronchetto è pari a zero. Nel senso che ha messo a verbale quello che non poteva negare, ma non ha aggiunto una virgola all'inchiesta. Dunque, Paolo Pattarello lo ha accoltellato per niente. Certo quel che è niente per la Procura, è invece tutto per i malavitosi. Trabujo infatti ha la colpa di avere accettato di firmare verbali di interrogatorio che non contengono nulla di rilevante, ma sono un evidente tentativo di scaricare sugli altri le accuse più pesanti. Ecco, infatti, i passaggi sulla droga io ero contrario, ma Pattarello e Boatto non hanno voluto sentir ragione. Tanto basta per la qualifica di infame che porta automaticamente all'episodio di una decina di giorni fa, quando Pattarello lo riempie in aula bunker di calci e pugni e lo sfregia con una forbicina. Per niente, secondo il pm Zorzi che infatti chiede la condanna di Loris Trabujo a 18 anni di carcere ne avrebbe preso 10 in più se non avesse scelto il rito abbreviato.

LE ALTRE RICHIESTE DI PENA
Ed è la pena più alta chiesta ieri in sede di requisitoria dal pm antimafia nel processo con rito abbreviato che riguarda 21 imputati gli indagati in tutto sono 78 che si tiene in aula bunker. Solo Marco Padovani (12 anni), Tonino Guerrieri, Daniele Corradini e Ivano Giantin (10 anni) si avvicinano alla richiesta fatta per Trabujo, ma nel loro caso si tratta di componenti storici della banda di Felice Maniero, mentre Trabujo è un nuovo acquisto. Però il punto vero è che secondo il pm Giovanni Zorzi non c'è soluzione di continuità tra vecchia e nuova mafia del Brenta, anzi il fatto che i mestrini siano entrati in galera nel 1995 sulla scorta delle confessioni di Felice Maniero e una volta usciti un paio di anni fa - si siano rimessi a spacciare e rapinare, e soprattutto a controllare il flusso dei turisti al Tronchetto, dimostra che l'associazione mafiosa è rimasta intatta nel tempo. Nonostante il carcere. Esattamente come succede con la mafia vera. Tesi che gli avvocati difensori punteranno a smantellare dal momento che lo stesso Gip in sede di valutazione delle prove per decidere gli arresti, aveva deciso per la non applicazione dell'associazione a delinquere di stampo mafioso.

MAI SMESSO DI DELINQUERE
Contro le tesi degli avvocati difensori giocherà però proprio l'episodio della coltellata di Pattarello a Trabujo, tipico esempio di mafiosità. Del resto Zorzi in 45 minuti di requisitoria ha tagliato corto, ribadendo che tutte le prove portano ad un unico risultato: Gilberto Boatto, Paolo Pattarello e Gino Causin i tre storici mestrini - assieme a Trabujo e agli altri, non hanno fatto altro che continuare a fare quello che hanno sempre fatto. Punto. Infatti ha ragionato Zorzi a ben guardare i soggetti sono sempre quelli, con qualche innesto nuovo, e i reati anche sono sempre quelli. Zorzi non ha avuto richieste pesanti solo per Loris Trabujo, ma anche per la figlia Pamela (5 anni) la quale, stando all'accusa si sarebbe intestata le società del padre allo scopo di sviare le indagini patrimoniali. Per gli altri imputati richieste di pene che vanno dai 4 anni e sei mesi per Maurizio Icio Zennaro, che a Gilberto Boatto aveva trovato lavoro nella sua vetreria di Murano, ai 6 anni di Festim Shemellari, confidente dei carabinieri, che ha guidato le indagini passo passo e che viene premiato con un minimo di pena nonostante abbia partecipato a numerose rapine come quella al tassista Stefano Fort, alleggerito di 550 mila euro in contanti, che peraltro erano solo una parte del compenso pattuito per la vendita della licenza di tassista. Adesso toccherà agli avvocati difensori cercare di smontare l'inchiesta almeno nella parte relativa all'associazione a delinquere di stampo mafioso. La sentenza è prevista per il 18 novembre. Poi, chiuso il capitolo relativo al rito abbreviato, si aprirà il processo vero e proprio, con gli imputati di spicco come Gilberto Boatto, Paolo Pattarello e Gino Causin. Se ne parla in primavera.

 

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