Fifty-fifty. Anzi, otto e otto, se i componenti della segreteria restassero 16 come nella gestione Letta. Se per avere certezze sulla forma che prenderà il “nuovo Pd” di Elly Schlein bisognerà aspettare con ogni probabilità fino al 12 marzo (quando la rinnovata assemblea nazionale dem le attaccherà ufficialmente al bavero i galloni di segretario, pardon, di Segretaria), inizia però a delinearsi qualche idea sul metodo che la nuova leader intende applicare nella scelta dei vertici.
LARGO AI GIOVANI
Giovani come Marco Sarracino, segretario Pd di Napoli alla prima esperienza da deputato: a lui dovrebbe toccare il delicato compito di guidare l’organizzazione dei dem. A Marco Furfaro, che di anni ne ha 42, potrebbe spettare la poltrona di vice. Mentre le deputate Chiara Gribaudo e Chiara Braga, entrambe poco più che quarantenni, sono in corsa per la presidenza del gruppo a Montecitorio (così come la 42enne Michela Di Biase, moglie di Dario Franceschini alla prima esperienza parlamentare). Anche se a Braga potrebbe essere chiesto di continuare a occuparsi di Ambiente nel partito, fronte che per Schlein è quanto mai centrale. E se tra le new entry, invece, spicca il nome della “sardina” quarantenne Jasmine Cristallo, cui potrebbe andare la delega dei Giovani, le concessioni all’antico dovrebbero essere limitate a pochi nomi: Antonio Misiani – che per Schlein ha curato il comparto finanziario della mozione – dovrebbe restare responsabile economico del partito. Così come è probabile la conferma di Anna Rossomando, già “voce” dem in materia di Giustizia.
Molto, però, dipenderà da quanti (e quali) spazi la nuova segretaria vorrà concedere agli ex di Articolo Uno, come Arturo Scotto, e ai bonacciniani. I quali per ora stanno alla finestra, in attesa di capire se la nuova gestione sarà «plurale» anche nei fatti, oltre che negli annunci. Dal fronte dell’ex governatore, per il momento, si fa sapere che nessuna richiesta di strapuntini verrà avanzata. Piuttosto, «a questo punto sarebbe lecito aspettarsi una richiesta di incontro, per capire come verremo coinvolti». Tradotto: i riformisti si aspettano che Schlein offra loro – almeno – la poltrona simbolica di presidente del partito. Che salvo scossoni andrebbe dritta a Dario Nardella, sindaco di Firenze e guida della mozione sconfitta del governatore romagnolo.
Qualcuno, ieri in Transatlantico, ricordava che il primo cittadino era stato sondato per correre alle primarie da numero due di Elly, da nientemeno che Franceschini in persona. All’ultimo, però, Nardella aveva desistito, ritenendo il suo profilo di amministratore più affine a quello di Bonaccini. Il suo, insomma, sarebbe il nome perfetto per incarnare l’unità tra i due fronti (tanto più che il mandato a Palazzo Vecchio scade tra un anno). Ma non è escluso che, per tendere una mano agli sconfitti, Schlein metta sul tavolo l’offerta dell’incarico da capogruppo alla Camera, magari per Simona Bonafè. Intanto, Elly si gode la popolarità. In Transatlantico, un gruppo di deputate ì le chiede un selfie. Molti Cinquestelle (e pure alcuni forzisti) le stringono la mano. Ovunque vada baci, sorrisi e abbracci. Per le alchimie sulla squadra, si schermiscono i suoi, c’è tempo.