Meloni: «Con il Quirinale rapporti ottimi, qualcuno vuole creare crepe contro il premierato». E sulla Sardegna: «Riconteggio? Valuteremo»

Le parole del premier a Toronto

Sabato 2 Marzo 2024 di Francesco Bechis, nostro inviato a Toronto
Meloni: «Con il Quirinale rapporti ottimi, qualcuno vuole creare crepe contro il premierato». E sulla Sardegna: «Riconteggio? Valuteremo»

Trenta minuti.

Ed ecco che la politica italiana irrompe a Toronto, si riprende i riflettori nella missione di Giorgia Meloni oltreoceano. «Non c’è nessuna crepa con il Quirinale. Il mio rapporto con Sergio Mattarella è ottimo». Si immaginava che la premier italiana avrebbe calato un sipario sul polverone per gli scontri di Pisa, le manganellate della polizia sugli studenti definite «un fallimento» dal Capo dello Stato. E in parte ci prova, dal Canada, negando uno scontro tra Palazzo Chigi e Quirinale. A chi si riferiva allora quando, alla vigilia della partenza, mercoledì sera intervistata dal Tg2, ha definito «pericoloso» per «le istituzioni» togliere il sostegno alla Polizia? «Alla sinistra - risponde lei seccata - che vuole utilizzare l’autorevolezza del Capo dello Stato per fare una campagna contro il premierato e per un interesse di partito».

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L'affondo

Ecco servito il nuovo affondo. È pensato per chiudere un caso istituzionale - il presunto gelo tra governo e Colle sulla gestione delle piazze filo-palestinesi - ma apre subito un nuovo caso politico. All’Hotel Fayrmont Meloni ha appena salutato il premier canadese Justin Trudeau. 
È un fiume in piena contro «la sinistra, che non sa come spiegare che non vuole che i cittadini scelgano da chi farsi rappresentare». Mattarella, ripete come un mantra, è «una figura di garanzia». Anzi «a lui va la mia solidarietà, per chi vuole usarlo».
In nessun modo, insiste, il governo vuole smentire o screditare il Colle. O ancora, come accusano le opposizioni e sostiene qualche costituzionalista, limitarne i poteri con la riforma del premierato. «Chi è serio sa benissimo che ho fatto una riforma che volutamente non tocca i poteri del Capo dello Stato». Certo, ammette poi Meloni incalzata sulle immagini delle cariche a Pisa, «evidentemente qualche errore è stato fatto, non ho ancora tutti gli elementi». E magari nel prossimo futuro «qualcosa si può fare per via legislativa», per regolare e sanzionare eventuali errori delle Forze dell’ordine. Che tuttavia la premier difende, a spron battuto. «Nella maggior parte dei casi sono loro ad essere in pericolo». Sciorina a memoria i numeri, Meloni. Le manifestazioni di piazza, più di mille da quando la guerra israelo-palestinese ha incendiato il Medio Oriente. Gli incidenti e i feriti in divisa blu. 
Non carica la leader del governo, ma neanche arretra sulla linea fin qui sostenuta dal centrodestra in trincea sui fatti di Pisa. A Toronto, le incombenze di casa tornano a bussare alla porta, dopo due giorni di missione iniziata a Washington, con un bilaterale insieme a Joe Biden alla Casa Bianca, fino all’ultimo rimasta schermata dalle polemiche italiane. Invece eccole a imporsi sull’agenda. Non c’è solo il caso manganelli. Meloni torna sulle elezioni in Sardegna. E apre a uno scenario imprevedibile, per certi versi clamoroso. Nell’isola le ultime sezioni scrutinate hanno ristretto il divario tra la candidata vincente del campo largo Pd-M5S e governatrice in pectore Alessandra Todde e il candidato del centrodestra sconfitto Paolo Truzzu. Ora sono poche centinaia i voti di distanza. Sicché fra i dirigenti locali della maggioranza si fa strada una parola: “Riconteggio”. Meloni non smentisce, anzi lascia aperta la possibilità di adire le vie legali per rivedere il risultato delle urne sarde. «È una decisione che non voglio prendere adesso, valuteremo», taglia corto. E a domanda diretta del Messaggero - se la vittoria della Todde, con cui la premier si è complimentata, si possa considerare certa, risponde: «Non lo so». Piano ad archiviare la partita, dunque. Ché nei prossimi giorni, se il divario si assottigliasse a due o trecento voti, nel centrodestra il coro per il “riconteggio” - un po’ come l’Arizona di Trump - di certo tornerebbe a salire. 

 

La diplomazia

C’è spazio per la politica estera, che poi è il centro della trasferta atlantica. La roadmap per una «cooperazione rafforzata tra Italia e Canada», alleati G7, promessa nel bilaterale con Trudeau. Il caso degli asset russi congelati: l’America e il Regno Unito vorrebbero donarli all’Ucraina. Meloni ammette che è «complicato sul piano finanziario e legale» e non esclude una via di mezzo, ad esempio usare quegli asset come garanzia dei prestiti a Kiev. Poi la proposta di Zelensky di fare un elenco dei filoputiniani italiani. «Siamo in democrazia, qui niente liste di proscrizione» replica dura Meloni convinta che l’alleato non si riferisse all’Italia.
L’Ucraina è il vero file-rouge della doppia tappa a Washington e Toronto. Ne ha parlato a lungo davanti al caminetto con Biden. A cui ha confidato i dubbi sull’entrata di Kiev nella Nato, meglio frenare per non «degradare» l’articolo 5 che difende i contraenti del Patto Atlantico. In primo piano, ovvio, la guerra in Medio Oriente su cui Italia e Usa si sono allineati. L’unica posizione possibile, spiegano fonti diplomatiche, è sostenere la soluzione di «due popoli e due Stati», con garanzie di sicurezza per Israele contro nuovi attacchi di Hamas e di chi, in quella Regione, vuole cancellarla dalla mappa. 

C’è spazio per la politica estera, che poi è il centro della trasferta atlantica. La roadmap per una «cooperazione rafforzata tra Italia e Canada», alleati G7, promessa nel bilaterale con Trudeau. Il caso degli asset russi congelati: l’America e il Regno Unito vorrebbero donarli all’Ucraina. Meloni ammette che è «complicato sul piano finanziario e legale» e non esclude una via di mezzo, ad esempio usare quegli asset come garanzia dei prestiti a Kiev. Poi la proposta di Zelensky di fare un elenco dei filoputiniani italiani. «Siamo in democrazia, qui niente liste di proscrizione» replica dura Meloni convinta che l’alleato non si riferisse all’Italia.
L’Ucraina è il vero file-rouge della doppia tappa a Washington e Toronto. Ne ha parlato a lungo davanti al caminetto con Biden. A cui ha confidato i dubbi sull’entrata di Kiev nella Nato, meglio frenare per non «degradare» l’articolo 5 che difende i contraenti del Patto Atlantico. In primo piano, ovvio, la guerra in Medio Oriente su cui Italia e Usa si sono allineati. L’unica posizione possibile, spiegano fonti diplomatiche, è sostenere la soluzione di «due popoli e due Stati», con garanzie di sicurezza per Israele contro nuovi attacchi di Hamas e di chi, in quella Regione, vuole cancellarla dalla mappa. 

Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 08:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA